dall’alto di quelle piramidi…

Anche la Sicilia, nel suo piccolo, ha le piramidi. Lo scorso settembre Alfio Lisi, responsabile dell’Associazione Free Green Sicilia – Sos Beni culturali, ascoltato dai referenti Ansa sul territorio, ha lanciato il seguente appello:
Salviamo prima che sia troppo tardi le Piramidi dell’Etna, prima che la speculazione e i piani regolatori li cancellino dalla storia. Le piramidi di pietra lavica dell’Etna, indagate anche dall’esperta archeologa francese Antoine Gigal, potrebbero risalire a piú di duemila anni addietro. Potrebbero essere state edificate da
una tribú originaria della Sicilia orientale, chiamata Shekelesh, vissuta mille anni prima di Cristo, o dai Siculi (III secolo avanti Cristo), altro popolo indigeno della Sicilia orientale, che avrebbero edificato tali piramidi come veri templi sacri dedicati alle loro divinità. Tutte supposizioni che hanno bisogno di approfondimenti, ricerche, esplorazioni, aspetti che non sono stati permessi per la ritrosia dei proprietari dei terreni, che temono che le piramidi si trasformino in monumenti, con tanto di vincolo di legge
“.

Si tratta di piramidi a gradoni, a pianta rettangolare o quadrata, analoghe in piccolo a quella egizia del faraone Zoser o a quelle Maya. A me ricordano anche, sempre in piccolo,gli ziggurat della Mesopotamia.
Sono edificate con la pietra lavica dell’Etna, che diventa nera quando si raffredda, e sono distribuite su un territorio disteso tra i comuni di Piedimonte Etneo, Bronte, Randazzo, Linguaglossa, altri piccoli centri della Sicilia orientale. Hanno altari in cima, rampe d’accesso a ovest, muretti a far da recinto.
Si mimetizzano perfettamente, vuoi per il colore del materiale, vuoi perché inserite in terreni coltivati, vigne, frutteti. Alcune sono state distrutte, altre “adattate” a improvvisata, piú che civile abitazione.

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