il genio incompreso

Il mondo è pieno di persone afflitte dalla cd. sindrome del genio incompreso (in un post dello scorso inverno l’avevo dimenticata).

Tale perniciosa patologia porta chi ne soffre a concepire la propria attività intellettuale come un qualcosa che possa largamente trascendere le coordinate del sistema a cui si rivolge.

Il genio incompreso ritiene di dover essere scoperto e apprezzato a prescindere da quanto le sue idee siano interessanti o in linea con quanto opportuno. Secondo lui è il sistema a doversi adeguare alle sue caratteristiche, non egli al sistema. Ma non è così.

L’intelligenza è stata definita da molti proprio come la capacità dell’individuo di adeguarsi all’ambiente. E qualcun altro ha detto che, se si sbaglia a colpire il bersaglio, non è mai colpa del bersaglio.

Queste due affermazioni possono sembrare semplicistiche, ma hanno un senso.

Il mondo della comunicazione è particolarmente interessato da questo problema.

Ci sono persone che pensano che fare il pubblicitario significhi soltanto saper smanettare sul computer e masticare un po’ d’inglese.

Ci sono individui che credono nella realizzazione di idee sedicenti geniali, senza tener conto dei target da aggredire, dei budget e delle tempistiche.

Ci sono figuri che pensano di possedere, novelli oracoli di Delfi, la Scienza infusa, la Verità assoluta, di sapere cosa bisogna fare e qual è il modo migliore per farlo, senza dar retta a chi a più esperienza, o vuole soltanto esprimere un parere.

Poi c’è un’altra patologia, largamente imparentata con questa, che affligge coloro che pontificano di calcio, politica, mass media, senza aver mai fatto l’allenatore, avere il benché minimo retroterra culturale o aver mai messo piede in un’azienda che si occupi di comunicazione.

È opportuno trovare al più presto un vaccino efficace per entrambi i morbi, l’umiltà non è in commercio. Purtroppo.

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