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Pollon combinaguai era uno dei cartoni animati piú belli e piú seguiti degli anni Ottanta ed è gradevole riguardarlo ancora oggi, quando riproposto. Ogni episodio consentiva ai piccoli telespettatori d’incontrare un mito dell’antica Grecia in modo ameno e gradevole lasciando loro la possibilità, se lo avessero desiderato, di approfondirlo in altra sede, verificando analogie e differenze.

L’unico episodio che mi ha lasciato perplesso riguardava l’arrivo di un certo “Dupon”, definito “dio della tempesta”, considerato cosí pericoloso da far temere il peggio allo stesso Zeus (pronto, però, ad affrontarlo, sebbene la fabbrica di fulmini, nel cartone, fosse ormai sommersa dall’acqua).

Chi era ‘sto Dupon? Perché i libri di scuola non lo citavano? Perché finanche l’affidabile enciclopedia taceva il suo nome?

Dopo anni d’affannose indagini e concitate elucubrazioni, la risposta è forse arrivata:

errore filologico ci fu!

Nella mitologia si parla di un certo Tifone (Typhon, in greco), un mostro che attaccò l’Olimpo e costrinse gli dèi alla fuga (donde l’origine di alcune costellazioni); è possibile che in Giappone, dove il cartone di Pollon era realizzato, il nome di Typhon sia diventato Dupòn nella traduzione dal greco (si sa, Paese che vai, fonetica che trovi).

Una volta in Italia, non sarà stato possibile ricostruire l’accaduto e sarà evidentemente rimasta la forma “nipponica” del personaggio.

Dupon (o Typhon -> Tifone) nel cartone animato di Pollon combinaguai
Dupon (o Typhon -> Tifone) nel cartone animato di Pollon combinaguai

Sarebbe solo uno dei tanti errori di traduzione che hanno caratterizzato il corso della storia, certo meno grave di quello relativo al passo della Bibbia dove si racconta la nascita di Eva (pare fosse “dalla metà dell’uomo”, non “dalla costola”), al passaggio del cammello nell’ago (pare fosse un camallo, che è una fune da marinaio) o alle fiamme che splendevano sulla fronte di Mosè, considerate “corna” fino al XVIII secolo per la confusione di due parole ebraiche molto simili.

Per non parlare, poi, dei faux amis

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