spicchi d’arte tra baffi di storia (15)

  • Un gruppo internazionale di scienziati ha rivelato che nel cadavere di Pablo Neruda, poeta cileno premio Nobel e oppositore di Pinochet, è stata rinvenuta “una tossina che potrebbe aver(ne) causato la morte”. La versione ufficiale è stata quella della morte di cancro ma la famiglia ha sempre sospettato che il poeta potesse essere stato avvelenato dalla polizia segreta di Pinochet, insediatosi dodici giorni prima.
  • ‘Beautiful Minds: Bernini vs Borromini’ è il nuovo progetto di Endemol Shine Italy presentato al Mercato internazionale dell’Audiovisivo, nella sezione Drama Series Pitching Forum; Ideato e scritto da Davide Sala, Elena Fiorini e Giorgia Mariani, è un period drama che parte dal confronto tra i due geni del Seicento, animati dall’anelito alla perfezione e alla bellezza, rivali tra di loro.
  • Sempre al MIA, un altro progetto è sembrato di particolare interesse: una giovane donna che, citando testualmente Eleonora Andreatta di Rai Fiction, “corre per diventare Cancelliere”. Andreatta lo introduce mettendolo a confronto con i personaggi, sempre maschili, che hanno caratterizzato le storie della televisione, laddove quelli femminili sono stati piú spesso “protagoniste di love story o semplicemente mamme”. Prossimamente una “Cancelliera” sugli schermi di Rai 1, dunque e chissà che una battuta di Tullio Solenghi ai David 2015 non sia stata a suo modo “visionaria”: (altro…)

N(er)uda Veritas

“Non sono solo ira e dolore… forza io sono di pietra pensosa, allegria di mani insieme allacciate. Infine, sono libero entro gli esseri. E tra gli esseri, come l’aria vivo, e dalla solitudine assediata esco verso il folto delle battaglie a conquistare gioie indomabili.”

Pablo Neruda

Una delle pellicole piú interessanti presentate alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2016 è quella dedicata dal regista Pablo Larraín al poeta Pablo Neruda, intitolata, per l’appunto, ‘Neruda’.
Non è questa la sede per ricordare l’importanza che il cileno Ricardo Neftalí Reyes Basoalto, in arte Neruda in onore di un poeta cecoslovacco, ricoprí nel secolo scorso, nell’ambito della letteratura, della storia e dell’immaginario delle anime che si sentivano accomunate dallo stesso sentire.
Quello che ci limiteremo ad affermare è (altro…)

la mamadre

Vogliate gradire una poesia in cui Pablo Neruda ricorda una sua matrigna

che profumava di mamma a tutti gli effetti:

La mamadre

La mamadre viene por ahí,
con zuecos de madera. Anoche
sopló el viento del polo, se rompieron
los tejados, se cayeron
los muros y los puentes,
aulló la noche entera con sus pumas,
y ahora, en la mañana
de sol helado, llega
mi mamadre, doña
Trinidad Marverde,
dulce como la tímida frescura
del sol en las regiones tempestuosas,
lamparita
menuda y apagándose,
encendiéndose
para que todos vean el camino.

Oh dulce mamadre
—nunca pude
decir madrastra—,
ahora
mi boca tiembla para definirte,
porque apenas
abrí el entendimiento
vi la bondad vestida de pobre trapo oscuro,
la santidad más útil:
la del agua y la harina,
y eso fuiste: la vida te hizo pan
y allí te consumimos,
invierno largo a invierno desolado
con las goteras dentro
de la casa
y tu humildad ubicua
desgranando
el áspero
cereal de la pobreza
como si hubieras ido
repartiendo
un río de diamantes.

Ay mamá, ¿cómo pude
vivir sin recordarte
cada minuto mío?
No es posible. Yo llevo
tu Marverde en mi sangre,
el apellido
del pan que se reparte,
de aquellas
dulces manos
que cortaron del saco de la harina
los calzoncillos de mi infancia,
de la que cocinó, planchó, lavó,
sembró, calmó la fiebre,
y cuando todo estuvo hecho,
y ya podía
yo sostenerme con los pies seguros,
se fue, cumplida, oscura,
al pequeño ataúd
donde por primera vez estuvo ociosa
bajo la dura lluvia de Temuco.

La Mamadre, ecco che arriva

con zoccoli di legno. Ieri 

soffiò il vento del polo, si sfondarono
i tetti, crollarono
i muri e i ponti,
l’intera notte ringhiò con i suoi puma,
ed ora, nel mattino
del sole freddo, arriva
mia mamadre, signora
Trinidad Marverde,
dolce come la timida freschezza

del sole delle terre tempestose,
lanternina
minuta che si spegne
e si riaccende
perché tutti distinguano il sentiero.
O, dolce mamadre
mai ho potuto
dire matrigna,
la mia bocca trema a definirti,
perché appena
fui in grado di capire
vidi la bontà vestita di poveri stracci scuri,
la santità piú utile:
quella della farina e dell’acqua,
e questo fosti: la vita ti fece pane
e lì ti consumammo
nei lunghi inverni desolati
con la pioggia che grondava
dentro la casa
e la tua ubiqua umiltà
che sgranava
l’aspro
cereale della miseria
come se tu andassi
spartendo
un fiume di diamanti.

Ahi, mamma, come avrei potuto
vivere senza ricordarti
ad ogni mio istante?
Non è possibile. Io porto
il tuo Marverde nel mio sangue,
il cognome
di quelle
dolci mani
che ritagliarono da un sacco di farina
le brachette della mia infanzia,
di lei che cucinò, stirò, lavò,
seminò, calmò la febbre,

e, quando ebbe fatto tutto
e ormai potevo
reggermi saldamente,
si ritirò, cortese, schiva,
nella piccola bara
dove rimase in ozio per la prima volta
sotto la dura pioggia del Temuco.

Pablo Neruda
DarkLight