spicchi d’arte tra baffi di storia (13)

Aggiornamento 3 ottobre, fonti vicine ai broadcaster esprimono malcelato disappunto: «Da quanto trapela sullo schema di decreto sugli obblighi di programmazione e investimento in opere europee ed italiane, approvato oggi dal Consiglio dei ministri, i broadcaster non possono che esprimere profonda delusione per aver dovuto constatare che le loro richieste costruttive, supportate da dati sugli investimenti e sulle dinamiche di mercato, non sono state accolte. L’impostazione anacronistica, dirigistica (quasi ad personam) e punitiva del ministro Franceschini è rimasta infatti sostanzialmente immutata nel testo condiviso dal Consiglio dei ministri. Ad essere danneggiata sarà così l’intera produzione audiovisiva italiana, con pesanti ricadute negative sull’occupazione del settore. Spiace anche leggere nel comunicato del ministero affermazioni non veritiere relative all’accoglimento di tutte le richieste dell’Autorità e sull’applicazione in anticipo e in coerenza alla nuova direttiva europea sui servizi media audiovisivi. In realtà la direttiva, per quanto riguarda l’attività di broadcasting tradizionale, non ha modificato in alcun modo l’attuale regime degli obblighi di programmazione e di investimento (peraltro calcolata in maniera non cumulativa e solo su parte degli introiti), al contrario di quanto è previsto nella riforma Franceschini, che trasferisce nel nostro ordinamento solo la parte peggiore di un sistema francese che si è dimostrato inadeguato e inefficiente per la stessa Corte dei Conti di quel Paese. Le imprese di broadcasting sono in realtà quelle che, duramente penalizzate dalle nuove disposizioni oggi approvate, con i loro investimenti garantiscono lo sviluppo dell’industria creativa e difendono la cultura in ambito europeo» Fonte: Digital-News (com.stampa)
Aggiornamento 2 ottobre: il decreto per le quote televisive, modificato, è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, dove riapproderà l’11 dicembre per l’eventuale approvazione definitiva. Ecco il comunicato stampa ufficiale: (altro…)

firmato il decreto sulle quote di cinema in tv

Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, e il ministro per i Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, hanno firmato ieri il decreto che sulle quote di investimento e trasmissione che le emittenti televisive dovranno riservare alle opere cinematografiche di espressione originale italiana. La versione firmata tiene conto delle osservazioni pervenute dal Parlamento e delle esigenze emerse negli incontri con i rappresentanti delle emittenti televisive e dei produttori cinematografici.

In base al provvedimento, la Rai dovrà destinare il 3,6% dei ricavi complessivi annui a produzione, finanziamento, pre-acquisto e acquisto di opere cinematografiche italiane; per le altre emittenti l’obbligo riguarda il 3,2% degli introiti netti.

Quanto alla programmazione, la Rai, Concessionaria di Stato, dovrà garantire alle opere italiane l’1,3% del tempo di trasmissione per i palinsesti non tematici e il 4% per quelli tematici, mentre le altre emittenti potranno limitarsi all’1% per i palinsesti non tematici e al 3% per quelli tematici.

Tali parametri saranno raggiunti gradualmente: dal 1° luglio 2013 scatteranno trenta mesi per la programmazione e diciotto per gli investimenti. Dopo questo periodo, le quote potranno essere verificate e, nel caso, aggiornate in virtú della situazione di mercato.

rileggi il lamento dei cineasti

il lamento dei cineasti

Il ministro Passera ha anticipato i dati di fondo del decreto firmato da lui e da Ornaghi riguardo alle nuove quote di investimento finanziario e di programmazione nei palinsesti che le emittenti tv devono riservare alle opere cinematografiche “di espressione originale italiana”. Lo schema di decreto, che è stato trasmesso ai presidenti di Camera e Senato per acquisire il parere delle commissioni parlamentari competenti, era atteso da diversi anni dal MiBac e dal settore cinematografico in generale e prevede quanto segue:

Per quanto riguarda l’obbligo di investimento, …per la RAI che il 3,6% dei ricavi complessivi annui debba essere destinato a produzione, finanziamento, pre -acquisto e acquisto di opere cinematografiche italiane, mentre per le altre emittenti tale obbligo riguarda il 3,5% degli introiti netti”.

Per quanto riguarda invece l’obbligo di programmazione, il testo

prevede per la Rai che sia dedicato a opere italiane l’1,3% del tempo di trasmissione per i palinsesti non tematici e il 4% di quelli tematici, mentre per le altre emittenti tale disposizione riguarda l’1% del tempo di diffusione per i palinsesti non tematici e il 3% per quelli tematici”.

Tali disposizioni sembrano rasserenare produttori e manager su un volume di investimenti valutabile annualmente in circa duecento milioni di euro e su un consolidamento economico e finanziario delle imprese operanti nel settore della cinematografia, definita “un settore fondamentale per lo sviluppo economico e culturale del Paese… sul fronte della nostra identità culturale, dell’innovazione, della creazione di posti di lavoro, confrontandosi con l’agguerrita concorrenza internazionale”.

Se tutto andrà a buon fine, fra trenta giorni vedrà finalmente la luce un provvedimento che era in embrione già con il decreto legislativo 122/1998, più volte rivisto nel corso degli anni.

Non poca, però, rimane la materia di canto delle Film Commission Italiane, che hanno redatto una lettera aperta indirizzata al governo che nascerà con le prossime consultazioni.

Auspicano, le Comminission,  “l’accorpamento sotto l’unica delega della DG Cinema del MIBAC anche la materia tv e della promozione internazionale, sottraendole allo Sviluppo economico e al MAE” e, ancora, “una nuova legge di riordino dell’intero comparto audiovisivo”.

Nel dettaglio, il loro cahier des doléances si articola nei seguenti punti:

1) Accorpare sotto l’unica delega della DG Cinema del MiBac anche la materia televisiva e della promozione internazionale, sottraendole ai ministeri dello Sviluppo economico e degli Esteri;

2) Promulgare una legge di riordino dell’intero comparto audiovisivo che preveda una seria disciplina antitrust e riconosca le film commission, con apposito articolato che ne sancisca natura, funzioni, operatività;

3) Istituire un Centro nazionale per l’audiovisivo con delega specifica al sostegno automatico alle produzioni audiovisive d’ogni formato, alimentato da una tassa di scopo integrale applicata su tutta la filiera allo scopo di garantirne l’efficiente funzionamento in ordine alla valorizzazione dei prodotti audiovisivi nazionali, alla loro internazionalizzazione e promozione, all’attrazione di progetti audiovisivi dall’estero, al sostegno alla distribuzione e all’esercizio;

4) Rifinanziare il Tax Credit interno, esterno e per stranieri estendendolo anche alle produzioni televisive;

5) Riformare drasticamente la RAI e il sistema radiotelevisivo, riducendo il ruolo della politica nel suo controllo, favorendo la produzione di prodotti originali, salvaguardando gli autori e i talenti, prevedendo quote obbligatorie d’investimento delle TLC nel cinema e nei contenuti, colpendo l’evasione del canone nonché la pirateria e ritornando a investire sul prodotto nazionale.

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