chi va piano…

Oggi è la Giornata Mondiale della Lentezza.

Giunta alla sesta edizione, la manifestazione intende rappresentare “un attimo di riflessione collettiva sui danni economici, ambientali e sociali del vivere a folle velocità, in un momento difficile di grandi trasformazioni, confusione e incertezza”.

In questa sede si vuole solo offrire qualche spunto personale, derivato dalle proprie riflessioni.

Muoversi lentamente è utile e bello: fa bene alla circolazione e alla respirazione (secondo i beduini del deserto, peraltro, camminare lentamente, a piedi, guardando l’orizzonte, tiene allenata la creatività, ed è abitudine che il sottoscritto non disdegna, quando possibile).

Mangiare lentamente è una buona abitudine: lo slow food è largamente da preferirsi alla mania di molti di ingurgitare frettolosi spuntini, togliendo spazio, oltre al gusto del cibo, al valore della vita.

Parlare lentamente (e ascoltare con attenzione!) può aiutarci nella comprensione reciproca.

Agire con la giusta lentezza rende piú consapevoli delle scelte che si fanno.

La lentezza è importante nella lettura e nello studio, per assaporare i contenuti nella loro autentica essenza, coglierne tutte le sfumature e capire cosa va approfondito.

Si ricordi sempre, inoltre, la Bibbia: “c’è un tempo per tutte le cose“.

varia umanità (2)

La riflessione che sto portando avanti è  particolarmente ardita, è però necessario il parere di qualche grecista. A vostro avviso le parole greche physis (natura) e physao (soffiare) possono in qualche modo essere messe in relazione? Siete pregati di non rispondere “l’unica cosa che hanno in comune sono le prime quattro lettere”. Che oltretutto in greco sarebbero tre…

Partendo dal Respiro inteso come azione divina e vivificatrice, ho ipotizzato che dal physein (soffiare) della divinità possa derivare la physis (natura).

Lo so, nemmeno Dan Brown nei momenti peggiori, l’unica parentela accertata del verbo phyo è con phyton (pianta) e poche altre parole. Eppure…

Peraltro soffiare in inglese si dice to puff. Va bene che sull’argomento sono paranoico, ma la prospettiva che i puffi, quando puffano, stiano respirando la loro componente santa è adorabile.

Un’altra pensata pseudoetimolgica che mi sono sparato è se le due parole inglesi God (Dio) e good (buono) possano essere correlate. Nessuno ha saputo aiutarmi.

Era oggetto di conversazione con mia madre il fatto che una delle mie attuali letture, Pascal, mi sia vicina anche dal punto di vista onomastico. Ha il mio nome per cognome ed il suo nome, Blaise (Biagio), è quello del santo che si festeggia il giorno del mio compleanno, oltre a sant’Anscario, che in inglese diventa Oscar. Coincidenze.

Filosofo gradevole, ma a tratti deludente. A Stewey, il mocciosetto dei Griffin, non piacerebbe di sicuro. Ad esempio dava per scontato che il rispetto dell’ordine costituito sia più importante delle libertà individuali e che la spiritualità proposta dalla religione cristiana sia l’unica degna di menzione. Ora capisco perché la prof delle superiori lo amava poco. Come ho scritto anche altrove, le religioni sono palestre in cui tenere allenata l’anima, risposte fornite dai sistemi ad alcuni interrogativi. Ma ci sono dei crinali. Soprattutto se Ratzinger arriva a resuscitare il concetto di Inferno,che Giovanni Paolo II aveva definito “situazione esistenziale” e non “luogo”, in accezione dantesca.

Dubbio non v’è, comunque, che

il cuore ha delle ragioni 

che la ragione non conosce  

Una buona primavera a tutti!

il Respiro

Nella storia della cultura il Respiro è sempre stato visto come chiaro indizio della Vita e, con essa, dell’azione di un’Entità superiore.

Nelle antiche mitologie, come ricordavamo in un precedente post, le divinità soffiavano nelle narici dell’uomo proprio per infondergli la vita, il tratto che distingue i viventi dalla materia non vivente.

La parola greca Pnéuma, traducibile letteralmente come “respiro, soffio, alito vitale”, è una categoria importante nella filosofia stoica ed è presente nel Vangelo di san Giovanni, dove viene tradotta Spirito Santo, che per i cristiani è la terza persona della Trinità.

In ebraico la parola Ruah, femminile, indicava proprio il respiro vivificante di Dio. San Giovanni rende tale concetto con Pnéuma forse perché negli ultimi anni della sua vita, proprio quando attendeva alla stesura del suo vangelo, era ormai diventato discepolo del filosofo Filone di Alessandria, ed era stato da lui influenzato nell’opera di mediazione tra le categorie del pensiero greco (basti pensare al Logos citato nel prologo) e del pensiero ebraico (Pnèuma = Ruah).

Il passaggio concettuale è affascinante. Se Dio, che è santo, trasmette la vita con il respiro, significa che respirando sulla sua creatura le trasmette la vita e parte della sua santità. Quando ognuno di noi respira, dunque, esprime quella briciola di divino di cui è testimone e ricettacolo.

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