I lavoratori si asterranno dal lavoro in video e audio da
domanioggi (martedì 24 giugno) sino a lunedì 30 giugno compreso. L’ulteriore iniziativa di protesta è stata decisa dalle organizzazioni sindacali in seguito al completamento della procedura di riduzione di personale effettuata dall’azienda. Lo scorso 6 giugno Sardegna 1 ha comunicato i termini entro i quali saranno effettuati i licenziamenti annunciati. Ai 3 dipendenti licenziati il 31 maggio scorso, si sono aggiunti altri 8 lavoratori ai quali è stata comunicata la cessazione del rapporto a partire dal 10 giugno. L’ultimo lavoratore sarà materialmente licenziato giovedì 26 giugno. A quasi nove mesi dall’inizio della mobilitazione (era il 3 ottobre dello scorso anno), i lavoratori di Sardegna 1 Tv vantano ancora 5 spettanze arretrate, rivendicano il mancato versamento delle quote del Tfr e quello dei contributi al Fondo pensionistico di alcuni giornalisti e tecnici. Mesi di protesta e di sciopero per vedere riconosciuto il diritto minimo: quello del pagamento del lavoro svolto. Per questo, Slc-Cgil e Assostampa hanno deciso di proclamare un’altra settimana di sciopero in attesa che sul fronte politico si rompa il silenzio che ha accompagnato la vertenza in tutti questi mesi e in particolare dopo l’avvio della procedura di riduzione di personale. Cagliari, 23 giugno 2014SLC-CGIL, ASSOSTAMPA
«I 45 giorni di trattativa obbligatoria tra azienda e sindacato si sono conclusi con un mancato accordo: l’azienda non ha voluto considerare nessuna misura alternativa al licenziamento, pur dichiarando di voler continuare a produrre i suoi canali televisivi. Il suo obiettivo è quello di cambiare modello produttivo, ripiegando solo su contratti per le singole produzioni, magari richiamando in servizio i medesimi ex dipendenti che ora vuole licenziare (…) È un’operazione suicida che porterà a una discontinuità occupazionale per i lavoratori e a un grave danno per la qualità del prodotto, introducendo un modello basato sulla precarietà. Una deriva inaccettabile a cui la Cgil continuerà a opporsi, anche attraverso questa giornata di mobilitazione».
Il doppiaggio è uno dei fiori all’occhiello del nostro cinema e del nostro made in Italy e capita non di rado che le grandi produzioni internazionali vedano negli adattamenti italiani quelli in assoluto piú riusciti; il doppiatore è un professionista che riproduce e talvolta perfino crea l’anima e i contenuti di un personaggio lavorando con la voce.
In questo periodo, fino al 2 luglio prossimo venturo, il doppiaggio italiano è in sciopero, uno sciopero indetto da Slc CGIL, Fistel CISL, Uilcom UIL, con il sostegno dei sindacati e dell’Aidac, Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinematografici; intervistato dall’ANSA, Roberto Stocchi (attore, doppiatore, direttore di doppiaggio e montaggio nonché presidente dell’Anad, Associazione Nazionale Attori Doppiatori) ha dichiarato:
La sperata e programmata Festa del Cinema Italiano, che avrebbe dovuto aver luogo da quest’oggi, 11 giugno, fino al 17, con riduzione del prezzo del biglietto a 3 euro per qualsiasi film, non prenderà il via. Il presidente dell’Anec, Lionello Cerri, ha dichiarato:
“Purtroppo per quest’anno non è stato possibile organizzare la Festa del Cinema Italiano (…) L’iniziativa aveva l’obiettivo di tenere alta l’attenzione del pubblico in un mese caratterizzato da un numero insoddisfacente di prime visioni di richiamo, dando contemporaneamente la dovuta attenzione alla produzione nazionale della stagione, caratterizzata da buoni risultati in termini di visibilità festivaliera e di premi di prestigio, come il recentissimo Grand Prix della Giuria assegnato a Cannes al film ‘Le meraviglie’ di Alice Rohrwacher. La carenza di risorse adeguate per una promozione efficace e le scarse garanzie di un listino di film, già programmati nel corso della stagione, a condizioni di noleggio adeguate, rendono poco affidabile l’impianto dell’evento e ci hanno costretti a rinunciare all’iniziativa. Continuiamo a credere fermamente nell’opportunità di eventi come questo e come la recente Festa del Cinema e proseguiremo a lavorare alle prossime promozioni nazionali di natura interassociativa con l’obiettivo che si verifichino congrue condizioni di promozione, di finanziamento e di contenuti per il pubblico che ne garantiscano l’efficacia”.
Le brutte notizie non si limitano alle sale cinematografiche, purtroppo; oggi i dipendenti della Rai, Radio Televisione italiana, ad eccezione di coloro che fanno capo ai sindacati Usigrai e CISL (rimangono Slc CGIL, Uilcom UIL, Ugl Telecomunicazioni, Snater, Libersind Conf Sal), incroceranno le braccia per protestare contro i tagli da 150 milioni di euro voluti dal governo Renzi nel decreto Irpef, peraltro contestualmente alla (s)vendita di RaiWay, la società che gestisce e possiede le infrastrutture e gli impianti di trasmissione della Concessionaria di Stato per l’esercizio radio televisivo. Domani si deciderà anche e presentare un vero e proprio ricorso formale, in un contesto che diventa sempre meno roseo e sembra dare adito a licenziamenti e tagli strutturali, come lasciato intendere dalle dichiarazioni del direttore generale Luigi Gubitosi:
“Il Piano industriale, già approvato per gli esercizi 2013-2015, alla luce delle disposizioni del decreto Irpef, non è piú sostenibile (…) La relativa revisione non potrà prescindere da una ridefinizione del perimetro del Gruppo anche in termini di offerta/attività. Occorrerà parallelamente ridefinire i livelli occupazionali compatibili con il nuovo perimetro. Esiste evidentemente una difficoltà nell’individuazione delle aree del perimetro da ridurre. Penso, ad esempio, che il ridimensionamento degli investimenti in cinema e fiction potrebbe produrre rilevanti criticità. Sono critici anche altri interventi come la chiusura di un centro di produzione”.
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