uomini, donne e code di pavone

Quest’anno l’11 novembre, festa di san Martino e della sua tradizionale “estate”, mi ha regalato una notizia importante, che attendevo da tempo e mi ha aperto interessanti speranze.

Per festeggiare tale prospettiva, ho ricominciato le buone letture. Nella mia biblioteca c’era un libro che non avevo mai letto, non so per quale insano motivo. Trattasi di “Uomini, donne e code di pavone”, scritto da  Geoffrey Miller e pubblicato in Italia da MondoLibri nell’ormai lontano 2002.

È tomo tra i più interessanti, ha il merito di restituire agli onori del dibattito intellettuale l’“altra” teoria di Darwin, quella della selezione sessuale (“L’origine dell’uomo”, 1871).

OK, OK, l’homo sapiens si è evoluto perché la natura, nel corso del tempo, ha preferito di volta in volta gli individui più adatti, coloro che meglio sapevano leggere l’ambiente e meglio sapevano adattarvisi.

Si deve però obiettare: la stupefacente varietà di forme, colori e comportamenti animali, da dove deriva?

Le sontuose code dei pavoni maschi, i nidi – gazebo costruiti dagli uccelli giardinieri della Nuova Guinea, i mille altri ornamenti dei corpi e dell’habitat, apparentemente inutili e costosi, da quali esigenze nascono?

Non è stata solo la capacità d’adattamento a spingere l’evoluzione.

Motore altrettanto potente dev’essere stato il bisogno di piacere. Non solo Furbizia e Necessità a muovere il mondo, anche Amore.

Se i pavoni si sono inventati orpelli così immaginifici come le loro code, perché escludere che anche gli uomini possano aver sviluppato alcune caratteristiche per conquistare le attenzioni dell’altro?

E perché limitare tali caratteristiche solo alle variabili somatiche e non prendere in considerazione anche l’intelligenza, la creatività, l’arte, più per conquistare le attenzioni dell’altro che per se stessi? È il dubbio che Miller fa affiorare nella nostra mente, seminando provocazioni intellettuali e humour anglosassone in cinquecentoquattordici pagine di buona letteratura.

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