dj fabo, marco cappato e la Libertà

La Libertà è il bene piú prezioso, la vita merita d’essere vissuta per come si merita e, pur non essendo i primi, vogliamo anche noi difendere le ragioni di Fabiano Antoniani, ormai noto come dj Fabo, e di Marco Cappato. La lettera del dj, che riproduciamo a fine post, è pregna di dignità e la sua storia induce ognuno di noi a riflessioni doverose, che si scontrano con le incrostature di Medioevo che ancora ottenebrano questo Paese.
Questa mattina Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, promotore del Congresso mondiale per la libertà di ricerca e della campagna Eutanasia legale, ha scritto su Twitter: “Alle 14,45 vado dai carabinieri ad autodenunciarmi per ‘l’aiuto al suicidio’ di Fabo“. L’ha fatto. Intervistato da Radio24 e altre testate, ha aggiunto:
Il mio obiettivo è portare lo Stato ad assumersi le proprie responsabilità. Se ci sarà l’occasione di difendere davanti a un giudice quello che ho fatto, lo farò in nome di principi costituzionali e libertà fondamentali, che sono più forti di un codice penale scritto in epoca fascista e dove ancora non si fa differenza tra l’aiuto a un malato che vuole interrompere una sofferenza e sbarazzarsi di una persona di cui ci si vuole liberare”. Spero di essere incriminato e di potermi difendere in un processo. In Italia è reato l’istigazione al suicidio ma in questo caso non c’è stata alcuna istigazione. Aiuto sì, perché sabato mattina ho caricato Fabo sulla sua macchina con la sua carrozzella e per cinque ore ho fatto un viaggio straziante”, ha spiegato. Ora lo Stato ha due strade: o fare finta di nulla, nel senso che essendosi tutto svolto fuori dall’Italia fa finta di non sapere niente oppure incriminarmi e io spero che lo faccia. Fino all’ultimo gli abbiamo detto che poteva tirarsi indietro in ogni momento, poi abbiamo capito che queste parole lo infastidivano e innervosivano ancora di più, allora abbiamo lasciato perdere. Io sono rimasto in una stanza vicina. Quando si era rivolto a me mesi fa io gli ho promesso che lo avrei aiutato, ma gli ho anche detto che lui sarebbe stato di grande aiuto ad altre persone se avesse accettato di raccontare la sua storia. È stato felice di farlo e forse anche questo gli ha dato la voglia di resistere per qualche settimana in più”.
Il verbale con l’autodenuncia di Cappato è adesso sul tavolo dei magistrati, sub iudice. Il procuratore di Milano Francesco Greco ha spiegato che “sarà valutato sotto tutti i profili giuridici, compresa la giurisprudenza della Cedu, in materia di diritti“.
La speranza del vostro blogger è che, qualora Cappato fosse passibile di processo e condannato, qualora davvero la tristezza dovesse raggiungere tale soglia, il Presidente della Repubblica voglia concedergli la grazia. Secondo la sentenza n°200 del 2006 della Corte Costituzionale, la grazia, prevista e disciplinata dall’art.87 della Costituzione, risponde “a finalità essenzialmente umanitarie, da apprezzare in rapporto ad una serie di circostanze (non sempre tipizzabili), inerenti alla persona del condannato o comunque involgenti apprezzamenti di carattere equitativo, idonee a giustificare l’adozione di un atto di clemenza individuale“, al fine di “attuare i valori costituzionali, consacrati nel terzo comma dell’art. 27 Costituzione, garantendo soprattutto il «senso di umanità»”.
Ed ecco, come promesso, il testamento di Fabiano:

“Io, Fabiano Antoniani, Dj Fabo, nato a Milano 9 febbraio 1977, all’età di sette anni frequento la scuola di musica per imparare a suonare la chitarra. Da bambino spesso suonavo come primo chitarrista e partecipo a numerosi saggi. Visto il talento i miei genitori mi costringono a frequentare il Conservatorio di Milano, villa Simonetta, ma a causa del mio comportamento ribelle vengo espulso. Lascio il mondo della musica. Da sempre lavoratore, appena diplomato da geometra, inizio a lavorare per svariate aziende. Per otto anni lavoro con la mia seconda passione, il motocross, dove mi occupo del reparto commerciale del team supermotard Daverio (durante le competizioni più importanti: mondiale ed italiano) e contemporaneamente lo pratico come sport. Nel 2009, a causa di un incidente durante una gara, sono costretto ad abbandonare il mondo del motocross. Contemporaneamente, in questi anni, mi trasferisco, nei periodi estivi, ad Ibiza per un periodo di studi dove ricomincio a lavorare con la musica più moderna. Forse a causa della magica influenza dell’isola, forse per vocazione, subito mi rendo conto che il mio unico e vero posto è dietro la console! È così che in un momento, ringraziando gli studi di musica del passato, la mia musicalità e le numerose conoscenze di dj set, in poco tempo inizio a suonare un po’ ovunque. Mi licenzio da un contratto a tempo indeterminato a Milano, ma ormai capisco che il mio posto è altrove. Per lavoro, passione e amore negli ultimi anni riesco a dividermi tra l’Italia e Goa, dove lavoro e vivo mantenendomi con la musica: scoperta per caso in uno dei viaggi più indimenticabili della mia vita (India), capisco che il mio posto e il mio futuro sarebbero stati in India. Mi trasferisco per otto mesi l’anno con la mia fidanzata e riconosco finalmente me stesso, dopo aver indossato numerosi abiti che mi andavano stretti. 
Purtroppo, in uno dei rientri in Italia, dopo aver suonato una sera in un locale di Milano, tornando a casa, un rovinoso incidente mi spezza i sogni e la mia vita. Giovane adulto sempre vivace e vero amante della vita, non riesco a fare a meno degli amici per esserne al centro trascinandoli con me. Generoso, forse un po’ insicuro quando si tratta di scelte importanti da fare da solo. Vittima spesso della mia stessa vivacità, facilmente mi annoio, pronto a gettarmi per primo nelle situazioni più disparate. Un trascinatore. Incapace di sopportare il dolore sia fisico che mentale. Preferisco stare solo, ora, che non poter vivere come prima. Vivo oggi a casa di mia madre a Milano con una persona che ci aiuta e la mia fidanzata che passa più tempo possibile con me. Mi portano fuori ma spesso non ne ho voglia. 

Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione, non trovando più il senso della mia vita ora. Fermamente deciso, trovo più dignitoso e coerente, per la persona che sono, terminare questa mia agonia.”

Prima d’andarsene, poi, un’ultima raccomandazione:

“Uè, ragazzi, sono serio, fatemi un piacere, in macchina mettete sempre la cintura. Se me lo garantite, andrò via più contento”.

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