le Schettiniadi

“Porta in alto la mano,

segui il tuo capitano…

Scappo con scialuppino,

sono il capitan Schettino…

Un passo avanti ondeggiando,

un altro indietro affondando…

Mica faccio er bagnino,

sono il capitan Schettino!”

(©Daniela D’Amico)

“Subito, appena m’avrete lasciato, vedrete, 

là dove il mare si stringe, le rupi Simplegadi

che mai nessuno, vi dico, ha attraversato uscendone incolume,

perché non sono saldamente fissate alle loro radici

ma spesso si scontrano l’una con l’altra e si riuniscono insieme,

e sopra si leva la piena dell’acqua, e ribolle,

e intorno l’aspro lido terribilmente risuona.

Ascoltate il mio consiglio, se veramente compite il vostro viaggio

con saggezza e rispettando gli dei: non vogliate

cercare voi stessi la morte, procedendo diritti,

stoltamente, seguendo la vostra età giovanile!”

(© Apollonio Rodio, le Argonautiche)

3 Risposte a “le Schettiniadi”

  1. Complimenti alla signora (o signorina) D’Amico, una splendida sintetizzazione.

    PS. per Pasquale (se posso permettermi il tu)
    Ciao, volevo ringraziarti per essere passato dal mio blog e, sopratutto, dirti che fa piacere trovare online non solo un conterraneo,ma un concittadino.
    Anche se nella nostra Reggio non torno da anni per me resta- e sempre resterà- casa.

      1. Bravo anche Apollonio. O Zeus! forse c’entrerebbero un po’ anche le sirene di Ulisse, che incantavano i navigatori…
        “Or quello ascolta, Ch’io vo’ manifestarti,
        e che al bisogno Ti torneranno nella mente i numi.
        Alle Sirene giungerai da prima,
        Che affascìnan chïunque i lidi loro
        Con la sua prora veleggiando tocca.
        Chïunque i lidi incautamente afferra
        Delle Sirene, e n’ode il canto, a lui
        Né la sposa fedel, né i cari figli
        Verranno incontro su le soglie in festa.
        Le Sirene sedendo in un bel prato,
        Mandano un canto dalle argute labbra,
        Che alletta il passeggier: ma non lontano
        D’ossa d’umani putrefatti corpi
        E di pelli marcite, un monte s’alza. Tu veloce oltrepassa, e con mollita
        Cera de’ tuoi così l’orecchio tura, Che non vi possa penetrar la voce.”

        Odissea, canto XII

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

DarkLight