mister D e… l'ingegnoso elettrodomestico

La terza emozionante puntata di Mr. D vede il nostro eroe alle prese con un’interessante innovazione tecnologica.

Ma è d’uopo una premessa.

La pulizia, nell’originalissima assiologia del personaggio, veniva al primo posto in assoluto, ex aequo con la musica. Ancor prima dei propri cari, della propria vita, di se stesso, la priorità assoluta era la cura della casa. Si badi bene, non il semplice lavaggio dei pavimenti, la semplice pulizia delle finestre, la battitura dei tappeti, che so io. Egli intendeva per pulizia assoluta della casa la lucidatura completa di ogni angolo dell’immobile, la pulitura del pavimento anche più volte nel corso della giornata e, udite e tremate, il passaggio dell’aspirapolvere ogni santa volta che si era fatta la benché minima consumazione.

Iniziava presto, finiva presto e di solito non puliva il water.

La sua fobia principale erano le formiche. Tali imenotteri, a dire il vero abbastanza innocui e forse perfino simpatici, suscitavano in lui la più completa angoscia e gli procuravano incubi a occhi aperti. Non c’era volta in cui si era usata la cucina, preparata anche la più banale delle pietanze, ch’egli non bofonchiasse tremolando “le formiche… presto, presto, arrivano le formiche…”. Aveva addirittura proibito la realizzazione e il consumo della pizza, ritenendo queste due attività troppo perniciose a tal riguardo.

Nessuno psichiatra riuscì mai a capire in quale trauma infantile, analogo a quello della coscia tagliata, fosse riconducibile tale patologia. In un momento di perfidia ebbi mente di regalargli il film A Bug’s Life, ma la mia proverbiale bontà mi impedì di mettere in pratica tale birichino proposito.

 Un giorno bussò alla porta un pittoresco figuro. Appartenente a quella schiatta di esseri umani che sanno quello che vogliono ma non sanno come ottenerlo, e le provano tutte pur di riuscirci, si presentò, il figuro, con un completino firmato e una grossa scatola.

Esordì piagnucolando che se non gli avessimo dato almeno trenta nominativi di nostre conoscenze, egli la settimana successiva sarebbe rimasto senza lavoro, con moglie, suoceri, mamma, papà, figli, nipoti, parentame vario, quattro gatti, sei mastini napoletani e tredici salamandre da sfamare. Ci assicurò che i contatti sarebbero stati gestiti nella massima riservatezza, senza dire quale era stata la fonte.

Ovviamente avvenne all’esatto contrario, gli addetti del telemarketing chiamarono i nostri amici e colleghi dicendo “Buongiorno signora, sono un amico del dottor Curatola, è lui che mi ha dato il suo numero! Volevo proporle…” Non vi dico gli insulti che ci beccammo al ritorno in ufficio.

La scatola conteneva un aggeggio futuribile e futuristico, dotato di varie componenti, che veniva presentato come la panacea assoluta nell’igiene domestica. Nella pittoresca rappresentazione del magniloquente venditore, tale opera era prossima ad essere l’ottava meraviglia del mondo, era in grado di pulire, spazzare, lucidare, battere i tappeti scuotendone le trame, lavare i vetri, sgorgare i lavandini, lavare i maglioni, verniciare, pulire i materassi in profondità e forse perfino resuscitare i morti. Costava soltanto 3500 euro.

La dimostrazione fu spettacolare. Per dimostrare quanto quell’apparecchio fosse in grado di pulire, produsse tanto di quello sporco che Mr. D avrebbe potuto tranquillamente tirar le cuoia per un attacco di panico (fu sul punto di farlo, ma si limitò a guardare tutto con occhi sbarrati e volto pallido).

“Ecco i vostri materassi, signori! – tuonava il venditore – vi siete mai chiesti per quale motivo talvolta vi sentite strani, giù di tono, affaticati? Ebbene, questo dipende da taluni minuscoli acari che vivono sui nostri materassi!”

La fantasia di quell’uomo era immensa. Ci descriveva la vita di quegli esserini con la stessa accuratezza con cui nei cartoni animati venivano descritte le attività di Pufflandia. E sì che me ne intendo io, di Pufflandia! Arrivammo a immaginare la vita di ogni singolo acaro, come si svegliava al mattino, come faceva colazione, come portava a scuola i bambini.

“Gli acari nei nostri materassi possono essere vivi o morti!”

“Ci saranno anche quelli mezzi vivi e mezzi morti, che stanno così così”, azzardai io, ironicamente.

Lo misi nell’imbarazzo più totale. Il lavaggio del cervello a cui era stato sottoposto non era stato sufficientemente approfondito per metterlo in grado di rispondere a tale domanda.

“Ci sono solo quelli vivi e quelli morti – rispose infine – quelli che stanno così così possiamo non considerarli!”

Che genio!

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