on the Red Sea…

Il Pasquale Curatola’s World formula a tutti i suoi friends i migliori auguri per un’ottima Pasqua e un gradevolissimo lunedì dell’Angelo. Chi è cristiano potrà esultare per la Resurrezione e, anche se non cristiano, godersi la classica gita fuori porta con fave e pecorino, in alternativa alla crociera a Sharm el Sheik. Interessanti inoltre le sorprese celate dalle uova al cioccolato. Soprattutto per la linea…

Dostoeevskj, ne I fratelli Karamazov, fa di dire al diavolo che anch’egli avrebbe voluto gioire per la vittoria del Cristo sulla morte. 

Nella notte tra sabato e domenica, nell’ambito della quale santaromanachiesa  celebra la Resurrezione, verrà anche ululato il famigerato Canto del Mare, componimento liturgico che riprende il cantico di vittoria intonato dagli Ebrei mentre uscivano dal mar Rosso, e che si caratterizza per dei vocalizzi molto particolari che vanno eseguiti alla fine di ogni strofa. Una volta, quando la mia spiritualità si identificava con la proposta del contesto, era perfino linkato in questo blog.

Dal punto di vista liturgico, accompagna la lettura del libro dell’Esodo, dove si racconta del mare che si aprì di fronte a Mosè, fece passare indenne il popolo ebraico e si richiuse sui soldati egiziani e sul faraone, facendoli perire tra i flutti. Per il faraone, passi, che era in effetti cattivello, ma quei disgraziati di soldati che colpa avevano, se non quella di fare il loro lavoro? Magari avevano solo dei contratti a progetto, del tipo “la scrivente società Pharaoh Enterprise si servirà delle prestazioni del soldato… a carattere occasionale, con preciso riguardo alla cattura di taluni ebrei che stanno cercando di uscire dall’Egitto… Al soldato verrà riconosciuta una diaria consistente in n° 40 sacchi di farina, altrettanti di miglio, e due orci d’olio…

Poveri diavoli umiliati due volte, la prima dal ministero del lavoro egizio, la seconda dal mare.

Ovviamente si scherza. Facendo i seri, una prima aporia è rinvenibile già nel testo delle scritture. Nella Bibbia, Esodo, capitolo14, ai versi 21-22 si legge:

“Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore, durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto. Mentre le acque erano per loro come una muraglia, a destra e a sinistra.”

A verso 27 si legge invece:

“Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, vi si dirigevano contro”.

Chi è affezionato alla rappresentazione classica, con Charlton Heston che solleva il bastone e il mare si apre, immagina le due sponde del mare sollevate come due bastioni. Altri possono immaginare semplicemente delle acque al di sotto del livello standard, come ritengono alcuni archeologi.

Un’ulteriore interpretazione vuole che tutta la narrazione sia una elaborazione mitica di un concetto che apparteneva alla cultura egiziana. Il faraone, rappresentato da un ideogramma che richiama in effetti due sponde di mare divise a metà, era in grado di separare la luce dalle tenebre. E la narrazione biblica, al di là dell’orgoglio epico, servirebbe solo a testimoniare che anche il popolo redento era stato capace di tale separazione. E i cristiani di oggi superano il baratro tra Peccato e Salvezza.

Peccato che, qualche capitolo dopo, nella Bibbia si separarono anche le acque del Giordano…

Una risposta a “on the Red Sea…”

  1. Devo fare un aggiornamento. Ho scoperto che un’altra possibile teoria sul passaggio del mar Rosso parla di un errore di traduzione. Si sarebbe tradotto “mar Rosso” in luogo di “mare di canne”, nome di una zona palustre nella quale gli ebrei sarebbero passati in un momento in cui le acque erano davvero basse.

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