verbi transitivi e verbi intransitivi (*)

Poiché molti, anche sui social network,  hanno espresso il loro pensiero sull’uso transitivo di alcuni verbi intransitivi, vorremmo aggiungere il nostro umile contributo.
L’articolo di Vittorio Coletti sul sito internet dell’Accademia della Crusca s’intitola ‘Siedi il bambino! No, fallo sedere’ e lo riproduciamo a fine post.
A nostro avviso, il fatto che una forma sbagliata sia attestata nell’uso e perfino in letteratura non può giustificarla. Lo vuole la logica, lo vuole il registro, lo vuole la specificità delle situazioni.
Gli scrittori hanno un margine di libertà superiore ai comuni mortali per esprimere le loro esigenze espressive.

Perché, d’altra parte, aumentare la confusione? Perché non mostrare, su questi argomenti, la medesima fermezza che si usa, per esempio, con riguardo all’uso sbagliato di piuttosto e altri mostriciattoli?
#giùlemanidallitaliano #ancheifenoglisbagliano #figuriamociilinguisti
Riportiamo adesso il pezzo originale di Coletti:

Siedi il bambino! No, fallo sedere!

Queste domande evocano situazioni, per così dire, tutte di ambito domestico, spesso caratterizzato da rapidità di linguaggio per affrontare determinate circostanze, ad esempio quando c’è urgenza di far sedere, mettere seduto, posare su una sedia o un divano un bambino, magari piangente. In questo significato l’uso transitivo di sedere è registrato in qualche dizionario, ad esempio nell’autorevole GRADIT ma non compare nello Zingarelli 2019. Si tratta di una costruzione nata, probabilmente, dall’assorbimento nel verbo semplice del composto causativo fare sedere, una procedura sintetica che riguarda da tempo anche altri verbi di moto come salire e scendere ma anche uscire e persino, al sud, entrare, che in molti italiani regionali (non solo meridionali) ammettono, specie all’imperativo, il complemento oggetto (sali/scendi il bambino dalla nonnaesci il cane). Sedere con l’oggetto diretto di persona si legge ormai nei manuali sulla cura dei bambini o nelle istruzioni su come mettere un bambino sul seggiolino dell’automobile. Dunque, è una costruzione abbastanza diffusa e neppure solo recente. Google books riporta un “siedilo sopra una poltrona damascata” in un testo edito a Cremona nel 1865 (N.F., Memorie storiche della Colonna Mantovana nella guerra d’indipendenza 1848-49).
È lecita allora la costruzione transitiva di sedere? Si può rispondere di sì, ormai è stata accolta nell’uso, anche se non ha paralleli in costrutti consolidati con l’oggetto interno come li hanno salire o scendere (le scaleun pendio). Non vedo il motivo per proibirla e neppure, a dire il vero, per sconsigliarla. Ma certo è problematico definirla transitiva perché la prova di volgere il verbo al passivo (accertata invece ormai per salire, specie nel linguaggio alpinistico col valore di scalare: la cima è stata salita da…) non sembra per ora reggere (la mamma ha seduto il bambino sul seggiolino ma *il bambino è stato seduto sul seggiolino dalla mamma) come del resto non regge per altri verbi in costruzione transitiva non passivabile (per es. si può dire ho dormito un lungo sonno ma non *un lungo sonno è stato dormito da me). Diciamo insomma che sedere, come altri verbi di moto, ammette in usi regionali e popolari sempre più estesi anche l’oggetto diretto e che in questa costruzione ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali.
Una lettrice chiede invece dell’ausiliare di sedere intransitivo: è essere, tanto più che in genere questo verbo si dà nei tempi composti soprattutto in forma pronominale (mi ero sedutodopo che si fu seduto…).
Questo aspetto rende non del tutto semplice la risposta alla domanda di un’altra lettrice che chiede: “quest’anno sono seduto con Elena: che tempo verbale è sono seduto? Si tratta di un predicato nominale al presente o è solo il passato prossimo di sedere?”. Proprio l’assenza della diatesi media fa interpretare nella frase riportata seduto come aggettivo, nel nostro caso sinonimo di vicino: per questo andrebbe chiamato complemento predicativo (quindi parte del predicato nominale), come quando si accompagna a stare in una delle tante lettere di mamme ansiose: “il mio bimbo ha un anno e non sta seduto”. Per maggior chiarezza, si può pensare alla differenza che corre tra quando ci fummo tutti seduti… e quando fummo tutti seduti…: nel primo caso è percepibile l’atto, il movimento del sedersi di gente prima in piedi, e quindi il valore verbale espresso nel tempo composto; nel secondo, le persone sono già sedute, il movimento è concluso e si percepisce il valore nominale dell’aggettivo. Una conferma si può avere anche confrontando i tempi verbali delle coppie: siede/è seduto e si siede/si è seduto: nella prima, il tempo è lo stesso nei due membri (“Oggi Giorgio siede a destra/ Oggi Giorgio è seduto a destra”), nella seconda si oppongono un presente e un passato prossimo (“Oggi Giorgio si siede a destra/ Ieri si è seduto a sinistra”).

Vittorio Coletti

11 gennaio 2019

(*) dal titolo di un racconto breve di Alfredo Panzini

Una risposta a “verbi transitivi e verbi intransitivi (*)”

  1. Particolarmente lucido sembra essere il parere espresso dal linguista Luca Serianni:

    “L’espressione ‘uscire il cane’ va corretta nell’uso dell’italiano comune e in “particolare nell’italiano scritto” perché “una costruzione del genere non si è affermata”. Parola dello storico della lingua Luca Serianni, socio dell’Accademia della Crusca e dell’Accademia dei Lincei, che parlando con l’AdnKronos interviene sulla legittimità dell’uso transitivo di verbi intransitivi come ‘scendere’ o ‘salire’.
    DIBATTITO SOCIAL – La questione è stata discussa nelle ultime settimane dopo che, in una nota pubblicata l’11 gennaio, l’accademico della Crusca Vittorio Coletti ha spiegato che “questa costruzione ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali”. Serianni afferma che “il grande rumore che si è sollevato nei social a proposito della vicenda ‘uscire il cane’ direi che è un buon segno perché rileva l’attenzione con cui i comuni parlanti guardano alle cose di lingua”.
    “Entrando nel merito – prosegue il linguista – bisogna distinguere tra la diffusione di un uso nell’oralità, e quindi certamente ‘uscire il cane’, caratteristico del Mezzogiorno, si può sentire anche in alcune aree settentrionali, e la legittimità nell’italiano comune e in particolare nell’italiano scritto di questo uso. Su questo secondo punto, e cioè se è un uso da correggere o no, si può essere netti: la risposta è ‘sì’ – conclude Serianni -, è un uso da correggere perché nell’italiano comune una costruzione del genere non si è affermata”.

    pubblicato il Pubblicato il: 28/01/2019 13:40 su Adnkronos.com
    Quanto all’Accademia della Crusca, l’istituzione si era già occupata dell’argomento in passato:
    http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/entrare-uscire-salire-scendere-transitivi-fu

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