Il voto è una cosa sacra, serve a definire chi dovrà governare e amministrare un Paese, una Regione, una comunità, farsi portavoce dei bisogni.
A me fanno ribrezzo i mezzucci e le tattiche di bassa lega che alcune persone usano nell’ambito delle loro campagne elettorali (talvolta anche prima, quando siano previste, ad esempio, delle primarie).
Alcuni cominciano a fare interminabili giri di telefonate per chiedere l’appoggio di parenti, amici, clienti, affini; altri gettano gratuito e mendace discredito sugli avversari; altri ancora tentano di blandire o corrompere l’elettorato, anche facendo promesse che mai, comunque, manterrebbero. Altri si sottraggono ai confronti.
Il poeta Giovenale aveva capito tutto della vita e ben sapeva come, per governare, siano spesso sufficienti “panem et circenses” (pane e giochi del circo); ancora oggi, alcuni amministratori drogano il popolo con feste e gozzoviglie per nascondere il vero stato delle cose. Vulgus vult decipi, credevano.
È cosa nota. Di seguito, gli spregiudicati consigli che duemila anni fa Quinto Tullio Cicerone, fratello del piú famoso Marco Tullio, gli elargiva per fargli conquistare i voti: (altro…)