santi, poeti, navigatori, analfabeti

“L’unico pericolo sociale è l’ignoranza.”

Victor Hugo

Quattro italiani su dieci sono privi di titoli di studio o hanno conseguito la sola licenza elementare, tre su dieci soltanto la media inferiore. Ad essere precisi, è analfabeta o semianalfabeta il 39, 2% degli italiani, corrispondente a ventidue milioni e mezzo di persone; alcune regioni del Paese sono particolarmente a rischio, soprattutto al Sud, dove la percentuale si arrotonda ad un inquietante 40%. La Calabria, pur figurando tra le regioni “a rischio”, vanta un numero di laureati superiore a quello del Veneto e della Valle d’Aosta, praticamente pari al Piemonte (5,1% contro 5, 4,2 e 5,5).

Rispetto ad altri trenta Paesi del mondo civilizzato,

comunque appartenenti all’OCSE, con riguardo alle conoscenze medie nella popolazione tra i 25 e i 54 anni, l’Italia fa meglio solo della Spagna, della Polonia, del Portogallo, della Turchia e del Messico. È quanto emerge dalla ricerca “Volar sanz’ali” che il professor Saverio Avveduto, presidente dell’Unla (Unione nazionale lotta all’analfabetismo) e dell’Ucsa (Università di Castel Sant’Angelo per l’educazione permanente), ha curato per conto dello Spi CGIL, in armonia con i dati Istat del 2002.

A tale data ed in tale studio, peraltro, risultavano laureati sei italiani su cento.

Il Rapporto Italia 2015, presentato proprio lo scorso gennaio dall’Eurispes, ci ricorda inoltre che in Italia è laureato soltanto il 22, 4% dei cittadini tra i trenta e i tretaquattro anni d’età, ultima in Europa, dove la media si assesta al 36,5% . Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, aggiunge:

Se si considerano tutti i cittadini che rientrano tra i 25 e i 64 anni, solo il 15% ha un livello di istruzione universitario. Meno della metà della media Ocse, dove i laureati in questo spazio anagrafico sono il 32%. (…) Nel frattempo, la percentuale di studenti quindicenni che spera di conseguire la laurea è scesa dal 51,1% del 2003 al 40,9% del 2009: assieme ai titoli di studio, ci stanno togliendo anche la speranza”.

(Fonti: Didaweb, Avantionline, Istat)

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