matres dulcissimae

“The decision to go ahead with the exciting ABBA avatar tour project had an unexpected consequence. We all four felt that, after some 35 years, it could be fun to join forces again and go into the recording studio. So we did. And it was like time had stood still and that we had only been away on a short holiday. An extremely joyful experience! It resulted in two new songs and one of them ‘I Still Have Faith In You’ will be performed by our digital selves in a TV special produced by NBC and the BBC aimed for broadcasting in December. We may have come of age, but the song is new. And it feels good.

Agnetha, Benny, Bjorn, Anni-Frid – Stockholm, Sweden, 27 April 2018.”

Lettera alla madre

«Mater dulcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d’acqua, bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pace con me, ma non aspetto
perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
come tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d’amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo.» – Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
lo uccideranno un giorno in qualche luogo. –
«Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell’Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d’eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
questo voglio, dell’ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m’ha salvato da pianti e da dolori.
E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
per tutti quelli che come te aspettano,
e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
non toccare l’orologio in cucina che batte sopra il muro
tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dulcissima mater

Salvatore Quasimodo
(1948, da ‘La vita non è sogno’)