le scelte del Biscione (6)

“Torna a casa in tutta fretta, c’è un Biscione che ti aspetta!”
“il Cobra non è (solo) un serpente”

Lunedí 16 aprile 2018 Canale 5 aggiorna il suo marchio ed il tg5 il logo: il numero 5 diventa piú slanciato e perde il tratto orizzontale in alto, avvicinandosi alla testa del Biscione che tradizionalmente l’accompagna. Erano diciassette anni che il logo dell’ammiraglia Mediaset non subiva alcuna modifica e molte testate hanno ricostruito la sua storia, dal lontano 1976 (TeleMilano 58) al 1980 (nascita ufficiale di Canale 5) ai giorni nostri.

1976 (TeleMilano)
1978 (TeleMilano)
       1980
        1981
         1985
           2000
           2001
  dal 16 aprile 2018
  tg5 dal 16 aprile 2018; sarà ritoccato anche lo studio…


Vogliamo chiederci, in questa sede, quale sia l’origine del marchio.

Perché il Biscione? Perché il 5? Perché il Fiore?
Il Biscione (el bisson oppure la bissa in dialetto meneghino) è tradizionalmente uno dei simboli di Milano, assieme alla Croce di San Giorgio, stemma del Comune dall’epoca medioevale, e la scrofa semilanuta.
Il nobile rettile è ritratto nell’atto di ingoiare o proteggere, a seconda delle interpretazioni, un fanciullo o un uomo nudo. Gli studiosi lo fanno risalire al Leviatano, il mostro nelle cui viscere era finito il profeta Giona, oppure al Nehustan, il serpente di bronzo di Mosè, una copia del quale è su un capitello della basilica di sant’Ambrogio.
Secondo una leggenda, Azzone Visconti propose il biscione come simbolo nel 1323; accampatosi con le sue truppe nei pressi di Pisa, si mise sul capo un elmo nel quale s’era nascosta una vipera, che sgusciò via senza morderlo. Secondo un’altra narrazione, Ottone Visconti, nato a Milano nel 1207, diventato arcivescovo di Milano, volle ringraziare papa Gregorio X del suo sostegno e gli dedicò “il moro vomitato da un serpente” in riferimento alla Nona Crociata. Altri raccontano che il capostipite dei Visconti assunse questo stemma, prima appartenuto a un infedele, strappandolo a quest’ultimo durante le Crociate, oppure dopo aver ucciso il drago Tarantasio. Un’altra leggenda è legata alla morte di sant’ Ambrogio; un enorme drago assediava la città di Milano, il prode Uberto Visconti l’affrontò e l’uccise.
Secondo altri, Desiderio, re dei Longobardi, s’era addormentato sotto un albero e si risvegliò con una vipera intorno alla testa, quasi a fargli da corona. Il rettile non lo morse ed egli lo volle come suo simbolo.
Al vostro blogger preferito, nel suo piccolo, è venuta in mente un’ipotesi che gli studiosi, almeno al momento, non sostengono. Il nostro riferimento sarebbe alla mitologia greca, all’eroe Giasone che esce salvo dalle fauci del drago al cospetto d’Athena, nell’ambito della conquista del vello d’oro. Almeno come origine piú remota.

Giasone e il drago, al cospetto d’Athena

Sicuramente è stato simbolo della famiglia milanese dei Visconti a partire dall’XI secolo. Secondo Michel Pastoureau (‘Medioevo simbolico’), in origine i Visconti erano soltanto i signori di Anguaria, il cui nome evoca il latino anguis (serpente); divennero signori di Milano nel 1277 e, nel XIV secolo, fecero circolare una leggenda eroica, secondo la quale tale Bonifacio di Pavia, dopo aver combattuto strenuamente contro i Mori, riuscí a far sputare il figlio al serpente che l’aveva rapito e ingoiato.
Gli Sforza, subentrati ai Visconti, lo mantennero; altrettanto accadde sotto il dominio spagnolo, napoleonico, addirittura nello stemma del Regno Lombardo –Veneto, inquartato al leone di san Marco.
Non è questa la sede per un elenco esaustivo delle aziende che hanno il Biscione nel logo (oltre Mediaset, l’Alfa Romeo, l’Inter…) né delle città che ne fregiano i loro stemmi comunali.
Dubbio non v’è che, esotericamente inteso, rappresenti la vita che risorge dalla morte.
Sul 5, prima 58, non c’è molto da disquisire, derivano dal nome del canale.
Il fiore potrebbe tranquillamente essere un “addolcimento” della figura umana che esce dalle fauci del Biscione oppure, chissà, rimandare a Fiori legati a storie decisamente piú interessanti.
In questo caso, però, il rischio sarebbe davvero quello d’essere troppo visionari…