un post poco… "afferente"

C’è un aggettivo che ha riscosso una fortuna a mio avviso immeritata nel linguaggio corrente, specie nei gerghi della burocrazia e delle gerarchie scolastiche e universitarie. È l’aggettivo afferente. Accompagnato dal verbo afferire.

Sconsigliato perfino dal correttore ortografico di Word, che talvolta è invece stupidino, tale aggettivo nasce nel linguaggio medico, dove si parla di nervi afferenti e vasi afferenti. Deriva dal latino adfero (composto dal verbo fero e dalla preposizione ad), che significa portare, fare riferimento a qualcosa.

È a conoscenza di tutti che il linguaggio dei medici tende di per sé a non essere un modello di estetica linguistica o efficacia comunicativa.

Quella che per noi comuni mortali è una nausea per loro è necessariamente una “naupatia” e i “foglietti illustrativi” dei medicinali sono spesso delle indecifrabili pergamene degne delle attenzioni di uno specialista in ermeneutica ed esoterismo. Mutuare pertanto un termine dalla medicina per estenderlo ad altri campi sarebbe una balordaggine già di per sé, anche a prescindere dal caso specifico. Eppure anche persone di cultura decente credono di infiorare il proprio linguaggio dicendo che “l’aula che afferisce all’insegnamento tale è la numero…”, oppure che “la tale classe di concorso è afferente alle cattedre tizia, caia e sempronia”. Per non parlare, poi, di quelli che sentono le parole usate da qualcun altro e le riprendono pappagallescamente nel proprio intercalare…

 Voi, cosa ne pensate?