la santa anoressia

La storia della Chiesa è costellata di figure che hanno temprato la propria spiritualità a forza di rinunce e mortificazioni.

Il concetto di base è: “Mortifico il più possibile la mia carne, la parte materiale dell’essere, in modo da elevare lo Spirito e avvicinarmi a Dio”.

San Francesco si sottoponeva a digiuni prolungati e mortificava nella neve gli aneliti della carne. Anche se era poi capace di elevare inni sublimi alle meraviglie del creato…

Santa Caterina da Siena si nutriva d’erbe, pane e acqua. Quando curava i lebbrosi, si puniva per il disgusto comprensibilmente provato bevendo l’acqua nella quale erano state disinfettate le loro ferite. Chiamava la sua anoressia “il male che mi tiene unita a Cristo”e affermava: “In vita mia non ho mai gustato più gradevole bevanda!”

Padre Pio era capace di sottoporsi a delicati interventi chirurgici senza anestesia.

Potremmo proseguire a lungo, prendendo in esame flagellanti e penitenti di tutti i tipi.

Secondo “La Santa anoressia”, un libro pubblicato anni or sono, i santi possono essere affetti da anoressia e bulimia alla stessa stregua dei comuni mortali. Atteggiamenti come quelli descritti sono inequivocabilmente patologie del comportamento alimentare e, di conseguenza, dell’equilibrio interiore.

Con la differenza della motivazione, in questo caso mistica.

Non stiamo appoggiando tale decodifica, ma vi riflettiamo sopra.

È lecito chiedersi:

  • Davvero è così che ci si avvicina a un Dio/ Amore?
  • Perché purificare l’anima con scelte alimentari?
  • Una condotta eccessivamente dura è garanzia di santità?
  • Che legame c’è tra tali esperienze e l’ascetismo praticato, ad esempio, dai santoni indiani?

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