“con che fa rima Orione?” (cit.)

Tempi del Mito. Casa di Irieo, povero agricoltore ormai anziano.
Bene, Irieo, la tua ospitalità merita adeguata ricompensa!
Sommo Zeus! Possa io essere benedetto, se la mia ospitalità ha reso adeguato trattamento a tre dèi!
Puoi ben dirlo, vecchio! Affé mia, io, Poseidone ed Hermes mai abbiamo conosciuto piú squisita accoglienza! Seconda solo, forse, a quella di Filemone e Bauci, a onor del vero…
Cos’hai a cuore, Irieo? Quale dono farebbe felice la tua vecchiaia?
Un figlio, o Posídone, scotitor della Terra! Un conforto alla mia solitudine, un aiuto al duro lavoro dei campi!
È d’uopo, dunque, una nostra minzione!
Temo di non capire, divino Hermes dall’alato calzare!
Hai capito perfettamente, Irieo! Per le anime degl’inferi e le acque dello Stige, io, Zeus, ti confermo che è necessaria una minzione collettiva! Tra duemila anni un certo Kerényi, filologo e romanziere, preferirà scrivere “seme” piuttosto che urina ma adesso siamo nell’antica Grecia e gli esseri umani hanno le idee confuse. Figurati che, tra qualche secolo, Aristotele penserà ancora che il cervello sia una spugna che serve a raffreddare il corpo!
Ah, e a che cos’altro serve, di grazia?
Ti auguro di scoprirlo a breve, Irieo! Adesso poche ciance, prendi la pelle del bue che hai ucciso per pranzo e mettila di fronte a noi!
Come ordini, sommo Zeus!

***I tre dèi urinano secondo la bisogna***

Adesso ripiega questa pelle e ponila sotterra! Tra dieci mesi dissotterrala, e avrai quanto hai chiesto!
– Obbedisco! Com’è divino, lei

(© Pasquale Curatola 2023, all rights reserved)

Cos’altro c’è da dire? Dieci mesi dopo, Irieo, dissotterrata la pelle, vi trovò dentro un bel bambino, biondo, con gli occhi azzurri. Nato – e sia! – con discutibile procedura ma senz’altro destinato a far parlare di sé. Si chiamò Ὠρίων (od Ὠαρίων) in greco, Orion ma, in origine, addirittura Urion, in latino, per le particolari modalità del concepimento.
Orione, si sarà capito, è il noto personaggio della mitologia greca, posto in cielo dagli dèi.
Che sia nato dall’urina di tre dèi, secondo la versione sopra riportata, o che fosse figlio del solo Poseidone, secondo un’altra, fu un abile cacciatore. La sua costellazione è tra le piú luminose e conosciute del firmamento e i miti che la riguardano sono oltremodo interessanti. Aquosus Orion la chiamò Virgilio nell’Eneide, perché squisitamente autunnale ed invernale, portatrice di piogge. Chissà, se gli antichi avessero saputo che, in un punto particolare della Costellazione, c’è acqua allo stato plasmatico, forse avrebbero avuto un motivo in piú per celebrarne l’«acquosità»… Si lascino tuttavia a Roberto Giacobbo & Co. tali interessanti dilemmi e ci si tuffi, piuttosto, nei miti e nelle coordinate astronomiche che, nei secoli, hanno riguardato l’importante costellazione!
Secondo me, nel film ‘Il principe cerca moglie’, con Eddie Murphy, quando viene visualizzata la sagoma di un cadavere e del suo cane sul pavimento di una casa a New York, e un tizio esclama “Bastardi, (hanno ucciso) anche il cane!”, quello è un riferimento al cacciatore Orione ed al suo sfortunato segugio. (© Pasquale Curatola, all rights reserved)

La costellazione di Orione, o del Cacciatore, posizionata alle coordinate 05h 00m 00s, +05° 00′ 00″, forse la piú conosciuta del cielo, grazie alle sue stelle brillanti e alla sua posizione vicino all’equatore celeste, è visibile dalla maggior parte del pianeta. Conta circa 130 stelle, visibili ad occhio nudo, sebbene quelle piú conosciute siano probabilmente quelle tre che formano la celeberrima “Cintura di Orione”, chiamate da diverse culture “i Tre Re”, “i Re Magi”, “il rastrello”, “i tre mercanti”, “i bastoni”. In cielo è accanto al fiume Eridano (nome greco del Po), con i suoi due cani da caccia, Cane Maggiore e Cane Minore, mentre sembra combattere con il Toro, uno delle costellazioni che compongono lo Zodiaco. Per la precisione, il Toro delimita Orione a nordovest, Eridano a sudovest, La Lepre a sud, l’Unicorno ad est, i Gemelli, altra costellazione zodiacale, a nordest. L’abbreviazione ufficiale della costellazione nel sistema a tre lettere adottato dall’Unione Astronomica Internazionale nel 1922 è “Ori”.
La forma di Orione è quella di una clessidra, forse di una caffettiera; agli antichi ha ricordato, come s’accennava la figura di un gigante o di un cacciatore. È piena di stelle bellissime, tra cui Betelgeuse (la spalla destra del cacciatore), Bellatrix (la spalla sinistra), Rigel (il ginocchio sinistro), δ Orionis, ε Orionis e ζ Orionis (Mintaka, Alnilam e Alnitak), che compongono l’asterismo chiamato Cintura di Orione e sono sufficienti, viste insieme, per identificare l’intera costellazione.
Contiene, la costellazione, il piú noto e studiato complesso nebuloso molecolare del cielo, in cui hanno luogo importanti fenomeni di formazione stellare; esso ospita la gran parte degli oggetti piú conosciuti della costellazione.
Comprende anche alcuni sistemi planetari; il piú complesso è quello di HD 38529, che possiede un pianeta gioviano caldo con una massa pari a otto decimi di quella di Giove su un’orbita inferiore a 1 UA di distanza dalla sua stella madre, piú un secondo corpo dalla massa oltre 37 volte superiore a quella di Giove, probabilmente una nana bruna, posto a oltre 3 UA di distanza.
Molte antiche civiltà riconobbero la costellazione di Orione, ovviamente con diverse chiavi di lettura. Tutte le religioni antiche erano catasteriche, d’altra parte.
Gli antichi Sumeri vi vedevano il loro grande eroe Gilgamesh che combatteva contro il Toro del Cielo. Il nome sumero di Orione era URU AN-NA, che significa “luce del cielo”. Il Toro era GUD AN-NA, toro del cielo.
L’eroe sumero Gilgamesh presentava molte analogie con il greco Eracle, la qual cosa potrebbe dare adito a delle interessanti riflessioni. Il primo combatté con un toro celeste, il secondo con il toro di Creta. L’astronomo Tolomeo descrisse Orione come abbigliato con pelle leonina e dotato di clava, noti attributi di Eracle; cosí è rappresentato nelle vecchie carte astrali. Molti conti tornerebbero ma nessun mitologo accenna a una possibile connessione fra Orione ed Eracle. Omero lo presenta nell’undicesimo libro dell’Odissea, come una delle ombre che Ulisse vede durante l’evocazione dei morti; è un gigantesco cacciatore, felice, armato d’un bastone di bronzo.
È però possibile che Orione, piuttosto che al Toro, ancora oggi voglia puntare alle Pleiadi, che nel Toro sono comprese… Secondo un mito, Orione s’innamorò delle sette sorelle Pleiadi (forse della madre) e le perseguitò con intenti amorosi. Zeus agguantò tutto il gruppo e lo sistemò fra le stelle, dove Orione continua a incalzarlo ogni notte.
Nell’antica Cina, Orione era uno dei 28 Xiu (宿) zodiacali. Conosciuta come Shen (參), che significa «tre», era probabilmente chiamata cosí a causa delle tre stelle della Cintura.
Gli Egizi vi vedevano Osiride, dio dei morti e dell’Oltretomba, individuando peraltro in Iside la costellazione che per noi è il Cane maggiore (e anche questo torna con ‘Il principe cerca moglie’ ma qui il passaggio è delicato…). Secondo un’ipotesi, le piramidi di Giza sono state costruite seguendo l’allineamento delle tre stelle della Cintura d’Orione.
Secondo le teorie sugli Elohim o, piú in generale, sugli alieni che avrebbero visitato la terra in epoche remote, forse creando noi, Orione sarebbe uno dei loro luoghi d’origine. Nei Veda, uno dei testi sacri dell’Induismo, tali entità, forse gli Anunnaki, proverrebbero da Mrigashīrsha, dal sanscrito: मृगशि(mṛgaśiraṣa), traducibile come “testa d’antilope”, ossia un ammasso stellare collocato sulla spalla destra della costellazione (la citata Betelgeuse).
La cintura e la spada sono state anche stampate sulle insegne della 27ª divisione della United States Army, l’esercito statunitense.
Un disegno schematico della costellazione, chiamato “Costellazione di EURione”, è stampato sulle banconote Euro.
Ci tacciamo, ovviamente, sulla trita citazione da ‘Blade Runner’ e sui “tramonti dai bastioni di Orione”.
Secondo Paola Capponi, (‘I nomi di Orione’, Marsilio, 2005),
“il primo chiaro indizio del fatto che Orione, sin dall’antichità, sia stato identificato con un eroe sacrilego è nell’Antico Testamento, dove è indicato con la parola kesil, ossia ‘empio’. (…) I passi dell’Antico Testamento in cui si fa riferimento a Orione si trovano nel libro di Giobbe (IX, 9 e XXXVIII, 31) e nel libro di Amos (V, 8); secondo alcuni, anche in Isaia (XIII, 10). Nel libro di Amos leggiamo:
Colui che fa Pleiadi e Orione
e che sovverte in mattino l’ombra di morte
e che il mattino in notte ottenebra
è lui che chiama le acque del mare
e le riversa sulla faccia della terra:
Signore è il suo Nome.
(Amos V, 8)
(…) i due passi del libro di Giobbe in cui si parla di Kesil sono stati variamente interpretati. Nel primo si legge:
Egli forma l’Orsa e l’Orione,
le Pleiadi e le costellazioni del Sud.
(Giobbe IX, 9)
Omero cita la costellazione in due luoghi dell’Iliade e in quattro dell’Odissea. Riferimenti espliciti al mito si intrecciano con citazioni di carattere piú strettamente astronomico. Vorrei qui brevemente ricordare i passi in cui il riferimento alla costellazione non coinvolge il mito per poi passare a esaminare i versi in cui Omero parla invece direttamente delle vicende e delle caratteristiche dell’eroe.
(…) Nel V libro dell’Odissea, Hermes, inviato dagli dèi, comunica a Calipso che Odisseo deve fare ritorno in patria. La ninfa, indignata, si rivolge con queste parole contro gli dèi che sembrano accanirsi a impedire l’unione di dee e mortali:
– Perfidi siete, o dèi, gelosi quant’altri mai, voi che invidiate alle dee di coricarsi con un mortale apertamente, se una si trova un caro compagno. (Od. v, 118-120)
Sono ricordati l’amore infelice di Aurora e Orione:
– Cosí, quando Aurora dalle dita di rosa si prese Orione, glielo invidiaste voi numi che avete facile vita finché in Ortigia Artemide veneranda dall’aureo trono lo uccise raggiungendolo con le sue frecce miti. (Od. V, 121-124)
e quello tra Demetra e Iasione:
– E cosí, quando Demetra dai riccioli belli si uní in amore e nel letto, cedendo al suo cuore, con Iasione sopra un novale terziato, non a lungo ne fu ignaro Zeus, che lo uccise colpendolo col fulmine abbagliante. (Od. v, 125-128)
(…) Del rapimento dell’eroe da parte di Aurora parla anche Apollodoro il quale, nella Biblioteca (i, 4,4), ricorda che Afrodite, per vendicare l’amore di Aurora e Ares, faceva in modo che la dea s’innamorasse di continuo. Per questo Eos si innamora di Orione e lo rapisce portandolo con sé a Delo. A questo episodio sono legate alcune credenze popolari. Secondo la tradizione, Aurora, al ricordo di quell’unione, tutte le mattine arrossisce. Al rapimento è collegata anche un’antica usanza, raccontata da Eraclito, secondo cui era costume che il corteo funebre per le persone morte di malattia sfilasse al mattino, all’alba, e, se il defunto era un uomo bello e nobile, si diceva che fosse stato rapito da Aurora innamorata.
(…) Alla tradizione scritta, letteraria, colta, dell’Orione del mito, si affianca infatti quella popolare, per lo piú orale, di nomi, detti, proverbi; alla continuità del medio letterario che rielabora e definisce la figura antropomorfica connotandone i tratti salienti e caratteristici, si affianca la puntiformità delle designazioni popolari, costellazioni di nomi domestici che annodano i tempi del ciclo a quelli del lavoro e delle fatiche quotidiane.
La ricerca dell’accordo, dell’unisono tra cielo e terra, è certo piú palese nelle denominazioni popolari della costellazione, dove il richiamo ai mestieri e alle scadenze stagionali dell’agricoltura, ma anche della pastorizia o della pesca, è trasparente; tuttavia non meno significativo, anche se di piú difficoltoso accertamento, è il rimando circolare tra dati del mito e dati dell’esperienza quotidiana, tra, ad esempio, l’assegnazione al personaggio di una polarità negativa e la distruzione dell’ordine, il delicato momento di passaggio cui è associata la sua presenza. Si pensi in proposito ai timori e ai pericoli per la navigazione durante il periodo in cui Orione è visibile, richiamati tanto in Esiodo (Le opere e i giorni, 618-623) quanto nei detti popolari dei marinai. E sono forse i già ricordati versi di Esiodo, quelli in cui il poeta ammonisce a trebbiare le sacre spighe di Demetra non appena appare il forte Orione (Le opere e i giorni, 597-598) o a cogliere i grappoli quando giunge al centro della volta celeste o, ancora, a seminare, quando infine è tramontato (614-617) (…).”
Questa l’analisi di Paola Capponi, riprodotta per sommi capi.
Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico, scrisse che «Nessun’altra costellazione rappresenta piú chiaramente la figura di un uomo»; Manilio la definí «la piú potente delle costellazioni» e scrisse che, quando il “dorato Orione” si leva, «la notte simula la luminosità del giorno e ripiega le sue ali scure».
Due, secondo la mitologica greca, le possibili nascite di Orione. La prima è quella riportata a inizio post, suggestivamente drammatizzata.
La seconda (v. Ferecide citato da Apollodoro), vuole che Orione fosse figlio di Poseidone, dio del mare, e di Euriale, figlia di Minosse, re di Creta. Papà Poseidone diede a Orione il potere di camminare sull’acqua. Sull’isola di Chio, Orione corteggiò Merope, figlia del re Enopione; ubriaco, cercò di violentarla. Enopione lo fece accecare e lo bandí dall’isola. Orione si diresse a settentrione e raggiunse la fucina di Efesto, sull’isola di Lemno. Colà, il dio della metallurgia e della tecnica, impietosito, forní ad Orione un compagno di viaggio e una guida, nella persona di Cedalione, uno dei suoi assistenti; Orione si mise Cedalione sulle spalle e, da lui guidato, raggiunse il punto in cui sorgeva il Sole. Secondo il responso di un Oracolo, infatti, i raggi del Sole gli avrebbero restituito la vista. All’alba, non appena la luce di Helios toccò i suoi occhi, Orione ricominciò a vedere correttamente. La dea dell’aurora era Eos e i due, incontratisi, furono vittime del piú classico amore a prima vista… Altri narrano invece che Efesto, impietosito, costruí per Orione degli occhi artificiali e quello, felice per il regalo, cominciò un’interminabile battuta di caccia, in giro per il mondo, fino ad imbattersi in Eos. Anche in questo caso, fidanzandosene.
Ad invaghirsi di Orione fu Artemide, che con lui condivideva molte battute di caccia; nonostante fosse famosa per la sua sacra castità, gli fece delle esplicite offerte. Orione declinò i ripetuti inviti con garbo, spiegando alla dea che mai avrebbe potuto tradire la sua amata compagna (Eos), alla quale era eternamente grato per aver riacquistato la vista.
Inizialmente Artemide si mise l’animo in pace, ammirando, anzi, l’insolita fedeltà dell’uomo. Quando però successivamente scoprí che Orione si era invaghito delle Pleiadi, le sette figlie di Atlante e Pleione, e che aveva cominciato a molestarle, la dea fu accecata dall’ira e per vendicare l’incredibile affronto subíto inviò un suo fedele servo, lo Scorpione; la bestia s’intrufolò nella capanna del cacciatore durante la notte e ne attese il ritorno fino all’alba; il mostro continuò a rimaner nascosto fino a quando il nostro eroe ed il suo fido compagno non presero sonno, stanchi per un’intensa battuta di caccia, ed infine sferrò il suo attacco letale con il suo avvelenato pungiglione, prima su Orione e poi su Sirio, il fido segugio che si era svegliato ed aveva tentato di difendere il padrone. Quando Zeus scoprí cosa era successo si adirò molto e folgorò lo scorpione con uno dei suoi fulmini; decise di far ascendere Orione al cielo e, impietosito dai lamenti, anche il suo cane fedele. Da allora, la costellazione di Orione splende nell’Emisfero Boreale; non lontano luccica il Cane Maggiore, con la stella Sirio che, nel nostro emisfero, è la piú lucente tra tutte. La costellazione dello Scorpione, invece, sorge esattamente quando quella di Orione tramonta, affinché il terribile mostro non possa piú insidiare il grande cacciatore.
Le versioni sulla morte di Orione sono tuttavia numerose. Mitografi astronomi come Arato di Soli, Eratostene e Igino concordarono che vi fu implicato uno scorpione. Una versione, quella raccontata sia da Eratostene che da Igino, sostiene che Orione si vantasse di essere il piú abile dei cacciatori. Egli disse ad Artemide, la dea della caccia, e alla madre di lei, Leto (Latona per i romani), che poteva uccidere qualsiasi bestia sulla Terra. La Terra fremette d’indignazione e da una spaccatura del terreno fece uscire uno scorpione che punse a morte il gigante presuntuoso. Arato, invece, dice che Orione tentò di rapire la vergine Artemide e che fu lei a causare la spaccatura della Terra dalla quale uscí lo scorpione. Ovidio ha ancora un’altra versione: dice che Orione fu ucciso nel tentativo di salvare Leto dallo scorpione. Eratostene e Igino dicono che la morte avvenne a Creta ma Arato la fa accadere a Chio.
In entrambe le versioni il risultato fu che Orione e lo scorpione (la costellazione dello Scorpione) furono sistemati su lati opposti del cielo, in modo che mentre lo Scorpione sorge a est, Orione fugge sotto l’orizzonte a ovest. «L’infelice Orione teme ancora d’essere ferito dal pungiglione velenoso dello scorpione», notò Germanico Cesare. Secondo altri, Orione vorrebbe raggiungere lo Scorpione per vendicarsi ma gli dèi, saggiamente, hanno posto le due costellazioni così lontane che nessuna delle due può raggiungere l’altra.
Una storia molto diversa, anche questa raccontata da Igino, è quella che Artemide amava Orione e stava seriamente prendendo in considerazione la possibilità di rinunciare al voto di castità per sposarlo. Essendo i piú grandi cacciatori un uomo e una donna, avrebbero formato una coppia formidabile. Ad Apollo, però, fratello gemello di Artemide, tale accoppiamento non andava a genio, pensava che quel matrimonio, parafrasando quanto sarebbe stato scritto dal Manzoni, “non s’avesse da fare”.
Secondo una versione molto nota, una mattina Diana passeggiava lungo la riva del mare, in attesa che Orione la raggiungesse per una nuova battuta di caccia. Era armata d’arco e faretra, ricolma di frecce d’argento. Mentre passeggiava, suo fratello Apollo le si affiancò sorridente, in silenzio, anch’egli attrezzato d’arco e saette. Apollo era contrariato dall’amore che sua sorella Diana provava per il mortale Orione, forse perché quell’amore distraeva Diana dai suoi doveri, forse per semplice gelosia. Sfidò la sorella, dunque, a colpire un bersaglio mobile che galleggiava in lontananza, sulle onde del mare, ed era a malapena visibile. Nemmeno il tempo di concludere! Diana aveva già incoccato e scoccato una delle sue infallibili frecce. Di lí a poco, la testa sanguinante d’un cacciatore raggiungeva la sponda. Diana pianse, Sirio, il cane fedele, ululava nel vento. Giove ebbe pietà di quel dolore e accolse Orione e Sirio in cielo, tra le splendenti costellazioni.
Omero dice sia stato ucciso da Artemide per gelosia nell’Isola di Ortigia, a colpi di freccia. Igino invece racconta della morte di Orione ucciso da Diana perché aveva tentato di violentarla.
Esistono altre tradizioni riguardo alla morte di Orione: alcune dicono che lo Scorpione fu mandato a uccidere Orione da Apollo, fratello della dea, che quando venne a conoscenza dell’affetto di Artemide verso il cacciatore, ne rimase piuttosto contrariato; altre, invece, narrano che fu Orione a innamorarsi di Artemide e non viceversa e che, per difendersi da lui, la dea lo uccise con le sue frecce.
La mitologia romana (v. Ovidio, Igino, Servio, Lattanzio, Tzetzes), sembra avallare la teoria del concepimento artificiale, attraverso l’urina di Giove, Nettuno e Mercurio. Irieo diede al bambino il nome di Urion, da urina, successivamente cambiato in Orione cambiando la prima lettera con una O (donde Ovidio nei Fasti, lib. V, cap. IV: «Perdidit antiquum littera prima sonum»). Nondimeno, per la sua triplice paternità, Orione fu anche chiamato Tripater. In pochissimo tempo, Orione divenne un gigante di straordinaria bellezza, tanto alto che, mentre scendeva da una montagna appoggiato ad un olmo, la sua testa era nascosta tra le nubi. Diana lo prese al suo servizio facendolo ministro del suo culto e andava a caccia con lui.
Diodoro di Sicilia racconta che, in vita, Orione progettò e presiedette i lavori della costruzione della città siciliana di Zancle, che prenderà poi il nome di Messina; davanti al porto della ridente città siciliana, secondo Esiodo, Orione trasportò una grande quantità di terra, per arginare le frequenti mareggiate che si abbattevano sulla costa. Il terrapieno cosí realizzato costituí Capo Peloro; colà Orione costruí un tempio dedicato a Nettuno. A ricordo della fondazione della città siciliana, in Piazza del Duomo a Messina gli è dedicata l’omonima Fontana di Orione marmorea di Giovanni Angelo Montorsoli (1547-51), definita da Bernard Berenson la piú bella fontana di tutto il Cinquecento europeo.

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