non fumare più! (dal sito "grazie, non fumo più")

Il 31 maggio è la Giornata Mondiale senza Tabacco.
Fumi e vorresti smettere? O vorresti che qualcuno, che ti sta vicino, smettesse di fumare? Magari qualcuno a cui tieni particolarmente?

Oggi potrebbe essere il giorno giusto per iniziare a dire: “grazie, non fumo più!!”
Non perdere tempo, visita subito il nostro sito e invia questa e mail ai tuoi amici: stiamo mettendo a punto la nuova versione del sito grazie, non fumo più!”.it , con contenuti utili per chi vuole saperne di più sui danni provocati dal fumo ma soprattutto per chi vuole smettere, o fare smettere, di fumare.

Se poi stai cercando di sostenere un amico facile alle tentazioni, ti potrà essere molto utile il nostro sistema di invio e-card, con cui essergli sempre vicino con messaggi di incoraggiamento e di sostegno che lo sorprendano piacevolemen te.
Insieme è più facile spronarsi, resistere alle tentazioni, trovare la forza e lo stimolo per smettere!

Oggi è il giorno giusto per iniziare a dire: ” grazie, non fumo più!”
La redazione di Grazie, non fumo più

una puffosissima sorpresa

Guardate un po’ che meravigliosa sorpresa ho trovato sul blog della carissima Agnese:

Trovo, come già scritto sul suo blog, che non potesse avere idea più bella! I puffi e i cagnolini sono tutti idee di Dio, conversano d’amicizia respirando Libertà! La mia riconoscenza sarà imperitura!

NB: le altre foto sono state spostate nella sezione Media…

Piaghe d'Egitto

Piaghe d’Egitto: la scienza conferma

da Avvenire del 15.02.2000 (io non leggo Avvenire, questo è un caso…)

Un’indagine integrata su testi biblici, talmudici e su papiri permette oggi di avanzare una spiegazione per ognuno dei flagelli

«La morte dei primogeniti probabilmente causata da ingestione di micotossine»

di Luigi Dell’Aglio

Ora la scienza, anche con l’avallo dei papiri egizi, considera eventi storici, a tutti gli effetti, le dieci Piaghe d’Egitto, le calamità che – secondo la Bibbia – indussero il faraone a lasciare libero il popolo d’Israele perchè potesse avviarsi verso la Terra Promessa. Non si trattò semplicemente di una catena di terribili sciagure, come si era ritenuto finora. Il faraone capitolò perché l’Egitto venne colpito soprattutto da una serie di epidemie che oggi possono considerarsi la micidiale conseguenza di un’unica contaminazione iniziale. Recenti ricerche permettono di stabilire non solo che queste calamità si verificarono realmente ma anche come e, soprattutto, perché avvennero. Il nuovo approccio è frutto di studi compiuti negli anni ’80 e ’90 (anche a opera dell’italiano Giovanni Ceccarelli), ma il lavoro conclusivo è merito del dottor John Marr, che è stato fra l’altro epidemiologo capo nel Dipartimento della Sanità Pubblica di New York. Marr affronta il tema con un’indagine integrata, risalendo non solo ai testi talmudici e biblici ma anche a papiri egiziani, fra cui quello intitolato «Gli ammonimenti di Ipuwer». Da questo papiro risulta che in Egitto una serie di catastrofi naturali ebbero luogo alla fine del Regno di Mezzo. E gli eventi narrati dal papiro assomigliano moltissimo alle dieci piaghe. «Non pretendiamo di spiegare tutto. Nonostante due secoli di studi, molti interrogativi restano ancora senza risposta», si schermisce John Marr.
Ma l’enigma più intricato è ora praticamente sciolto. Quale evento naturale, quale epidemia potrebbe mai spiegare la decima piaga, cioè l’improvvisa morte, in una notte, dei soli primogeniti delle famiglie egizie e dei soli primogeniti degli animali che agli Egizi appartenevano? Oggi la risposta c’è, e si deve a un’intuizione straordinaria di John Marr. Sarà rivelata a conclusione dell’intervista perché Marr preferisce procedere secondo il suo ferreo metodo: partire dalla prima piaga d’Egitto per arrivare all’ultima.
Lei ha collegato ogni evento al successivo. Quale rapporto c’è tra la prima piaga – il Nilo che si tinge di sangue – e la seconda, la spaventosa invasione di rane?
«Per il Nilo che si colora di sangue, chiamo in causa i cianobatteri. Microorganismi che, oltre a provocare una tipica colorazione rossa di fiumi e laghi, privano l’acqua di ossigeno e producono tossine nocive per i pesci. Questi, come si sa, sono voraci predatori di rane. Perciò la scomparsa dei pesci non può che favorire una esagerata riproduzione delle rane. Ma poi l’acqua infetta fa morire anche le rane; si scompagina così un altro equilibrio naturale. Le rane, infatti, tenevano a bada le zanzare. Scomparse le rane, le zanzare si moltiplicano in modo esiziale. E abbiamo il legame fra la seconda e la terza piaga».
L’Esodo parla di «pidocchi provenienti da tutta la polvere della terra». Erano proprio zanzare?
«Si trattò, molto probabilmente, di zanzare culicoides. Le larve di questi insetti nascono nell’immondizia e nella polvere. Da pochi anni abbiamo scoperto che questi insetti sono responsabili di un gran numero di malattie virali, negli uomini e negli animali. Le zanzare furono la causa diretta della terza piaga d’Egitto. Ma furono anche il vettore biologico dell’epidemia che sterminò gli animali (quinta delle dieci piaghe). Nel frattempo, l’Egitto, il cui ambiente era già fortemente deteriorato, viene invaso dalle mosche (quarta piaga) e le mosche contribuiscono anch’esse a preparare la quinta piaga. Si tratta infatti di mosche di stalla, provocano infezioni e ferite dolorose negli animali».
La quinta piaga, però, non uccide proprio tutti gli animali di cui disponeva l’Egitto. Tanto è vero che il faraone troverà i cavalli per inseguire gli Ebrei…
«L’epidemia epizootica si presenta sotto varie forme. E’ selettiva, nei suoi effetti mortali. Per esempio, la “malattia del cavallo africano” fa strage di equini, ma la cosiddetta “linguablu” – fatale a capre e pecore – risparmia cavalli e maiali; stermina gli animali che si trovano nei campi, non quelli domestici».
La sesta “piaga” colpisce sia gli animali che gli uomini. Qual è la causa?
«Propendo per lo pseudomonas mallei, malattia fortemente contagiosa, trasmessa dal contatto con le mosche. Queste inoculano, negli esseri umani e negli animali, ogni genere di batteri e virus. S’infetta anche chi mangia carne contaminata. Con la sesta piaga, l’Egitto è già in ginocchio. Ha subìto un disastroso impoverimento. L’acqua è inquinata (non ci si può neanche lavare). Non c’è più pesce. E ora vengono a mancare anche carne e latte. Solo il Goshen, dove si trovano gli Ebrei, viene risparmiato».
Però la grandine (settima piaga) non è un ‘epidemia…
«Nessuno afferma che ogni piaga d’Egitto è la diretta conseguenza della precedente. Ci sono anche le eccezioni. Ciò che importa è il contesto generale, una certa concatenazione che appare evidente, l’evoluzione precipitosa verso la rovina dell’Egitto. La settima piaga sopraggiunge quando la popolazione non può più procurarsi proteine animali. La grandine distrugge le messi, le spighe imputridiscono. Poi le locuste del deserto (ottava piaga) si lanciano all’attacco delle pianticelle più giovani e fanno piazza pulita di qualsiasi vegetale. Con la nona piaga (una tempesta di sabbia che viene dal deserto, il khamsin) qualunque fonte di nutrimento è ormai sepolta. Dopo tre mesi di sventura, due milioni e mezzo di Egizi stanno letteralmente morendo di fame».
Ma come spiega la decima calamità, la più misteriosa, che piomba sul popolo egizio come una mazzata?
«Nel 1961 è stata scoperta l’aflatossina, che appartiene a una famiglia di microorganismi altamente nocivi: le micotossine. Il Fusarium graminearum e la Stachybotrys atra hanno fatto vittime nell’ex-Urss, durante la seconda guerra mondiale, e anche altrove. Contadini che, lavorando in un silo, avevano inalato micotossine, sono stati stroncati. Una quantità minima provoca una rapida morte. E si è ipotizzato che le micotossine abbiano ucciso anche alcuni fra gli archeologi che avevano appena scoperto la tomba del “faraone giovinetto” (Lord Carnarvon non morì in poche ore, nel 1922, di una “strana” polmonite?)».
Ma perché le micotossine avrebbero sterminato soltanto i primogeniti?
«Ecco che cosa accadde probabilmente. La fame aveva ridotto le famiglie allo stremo. Quella notte ci si precipitò nei magazzini, ma quanto restava di grano e foraggio era ormai coperto da una patina di micotossine. E chi scese laggiù? I primogeniti, i quali erano responsabili della sorte delle famiglie. Inalarono, come un aerosol, letali quantità di Stachibotrys atra. Forse addentarono anche, per primi, il pane fatto con i cereali contaminati e, sempre per primi, bevvero la birra fatta con quegli stessi cereali. Idem per gli animali: l’individuo dominante, il primogenito, mangiò per primo il grano divenuto tossico» .
Gli Egizi rischiarono di essere cancellati dalla faccia della Terra.
«Non avvenne perché l’improvvisa morte dei primogeniti mise in allerta la popolazione e gli animali. I granai furono subito spalancati, entrò aria pulita. Una conferma alla mia ipotesi sulle responsabilità delle micotossine si trova nella tradizione ebrea (che nasce proprio allora) di mangiare l’agnello pasquale. Coscio di agnello sano e robusto, erba fresca, pane non lievitato, fatto con cereali macinati da poco. Tutti alimenti che non possono essere stati contaminati da micotossine».

un fantastico venerdì

Venerdì 26 maggio u.s., ho avuto il piacere di incontrare la simpatica Agnese, conosciuta in mailing list come “Ananke”, ma mai vista di persona. Come supponevo, Agnese è persona sensibile e solare, si tuffa con grande abilità nel mondo interiore degli altri.

Per Splinder è Agnesoona…

da Repubblica.it: topi che si autoriparano

La scoperta al Laboratorio di Biologia Molecolare di Monterotondo.L’animale riprende funzionalità cardiaca e ripara tessuti muscolari

Staminali, nascono i “super-topolini”, dopo un infarto il cuore si autoripara
Staminali, nascono i “super-topolini”
dopo un infarto il cuore si autoripara

ROMA – Topolini con il cuore che si autoripara dopo un infarto. E’ la straordinaria scoperta del gruppo di ricerca guidato da Nadia Rosenthal, direttrice del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare (EMBL) di Monterotondo, intervenuta al V convegno nazionale “Cellule Staminali e Progenitori Emopoietici Circolanti” a Roma.
I topolini, spiegano i ricercatori, riescono a riparare, da soli, il proprio cuore dopo un infarto grazie alla produzione di un fattore di crescita che potrebbe divenire determinante nelle strategie di riparazione di organi e tessuti. Il loro segreto è la capacità di produrre in modo continuo nel cuore un particolare fattore di crescita, il fattore insulinico 1 (IGF-1). Così, procurato un infarto al topo, l’animale è in grado di riprendere in modo straordinario la funzionalità cardiaca e alle cicatrici lasciate dall’infarto si sostituisce un tessuto muscolare funzionante.
Il sospetto che IGF-1 fosse un fattore di crescita con particolari poteri di rigenerare il tessuto cardiaco, ha spiegato la Rosenthal, è sorto dopo anni di ricerca su diversi fattori di crescita. Dai risultati degli studi è emerso che IGF-1, la cui funzione è importante in tutto il corpo, sembrava “speciale”, perché, per esempio, si era visto che in condizioni di carenza di IGF-1 si manifestava atrofia del miocardio.
Con queste premesse, continua la ricercatrice, “abbiamo inserito IGF-1 nel Dna del topolino, in modo che il suo cuore lo producesse continuamente, e abbiamo visto innanzitutto che il topo non risente in alcun modo di questa modifica genetica”. L’animale, prosegue la scienziata, non si ammala di cancro né di altre malattie in qualche modo collegabili a un fattore di crescita prodotto continuamente.
Così, gli scienziati sono passati alla fase successiva: hanno procurato un infarto ai topolini transgenici e hanno notato che dopo pochissimo tempo la loro funzione cardiaca recupera in modo straordinario. Non è tutto, perché il tessuto fibroso e cicatriziale (che nel paziente è alla base dell’insufficienza cardiaca post-infarto) pian piano viene riassorbito e sostituito da tessuto muscolare miocardico. Il recupero visto nei topolini è straordinario “come mai visto prima”.
Ancora non si è scoperto su quali elementi vada a influire IGF-1 per dare simili risultati: quel che è certo, in ogni caso, è che è un fattore di crescita tra i più promettenti nella rigenerazione cardiaca. È possibile, si ipotizza, che richiami in sede cellule staminali dal midollo o che stimoli quelle cardiache già presenti, oppure che semplicemente comandi la riorganizzazione del tessuto miocardico post-infarto senza una vera e propria costruzione di nuovo tessuto. Questo sarà l’oggetto delle prossime ricerche.
Lo studio, conclude la Rosenthal, ha messo in luce due importanti risultati: non solo indica quale sia un fattore di crescita su cui puntare per la rigenerazione cardiaca, ma conferma che se il cuore riceve lo stimolo a ripararsi subito dopo il danno, i risultati della riparazione sono molto più significativi e si può prevenire la formazione di tessuto cicatriziale a tutto vantaggio della funzionalità del cuore.

(25 maggio 2006)

un sole a quattro zampe

Credo che il buon Dio abbia privato gli animali della parola per renderli incapaci di mentire, e donare loro l’assoluta trasparenza nei sentimenti.

È privilegio raro, incompatibile con l’umana genia, atta invece per propria natura alla menzogna e all’ipocrisia.

Il mio sole a 4 zampe si chiama Laika, è un delizioso Pincher femmina di due anni che, per motivi che non mi dilungo a spiegare, sono stato costretto a dar via.

La sua intelligenza e la sua nobiltà d’animo sono superiori a quella di buona parte degli uomini.

Tutte le mattine alle 7, puntuale come l’orologio atomico di Francoforte, la cagnetta mi svegliava e mi zompava sul letto con l’agilità di un coguaro (i cani non dovrebbero giammai salire sul letto dei padroni ma alla piccola Laika tutto era concesso).

Ogni tanto la rivedo appollaiata sul davanzale della sua nuova casa e invidio i suoi nuovi padroni, ai quali starà regalando la sua simpatia e tenerezza.

barza

Mi è arrivata via e – mail, credo che il suo autore volesse sdrammatizzare le attuali questioni sul calcio…

In un pomeriggio di un sabato qualsiasi in un negozio gigante della catena Decathlon un tipo si avvicina ad una delle casse e consegna alla commessa la maglia della Juventus che ha appena deciso di comprare.
La commessa passa la maglia sull’apposita piastra demagnetizzante per l’antitaccheggio, digita l’importo e lo comunica al soggetto che paga e riceve resto e scontrino.
Imbustata la maglia, il tale s’incammina verso l’uscita ma la barriera antitaccheggio suona mettendosi a lampeggiare. Interviene la commessa dicendo cortesemente al cliente, imbarazzatissimo, di passare all’interno della barriera solo la busta con gli acquisti.
Questi esegue e la barriera suona ancora. Interviene l’addetto alla sicurezza che si fa consegnare la busta dal tipo, guarda la merce presente nella busta, estrae la maglia della Juve e prontamente suggerisce:
“Provi a togliere lo scudetto.”

Birba

È difficile interpretare il gatto Birba in chiave simbolica.
Il suo nome originale è Azrael, che corrisponde all’angelo della morte in alcune tradizioni giudaiche ed islamiche. Bisognerebbe essere nella mente degli autori. Probabilmente, simboleggia uno degli animali che, tradizionalmente, facevano compagnia ai maghi e agli stregoni nel Medioevo.
Il presente anche in risposta ad Agnese, che mi aveva chiesto un parere in merito.

Anche libero va bene

Anche libero va bene, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes, segna l’esordio alla regia di Kim Rossi Stuart, attore che apprezziamo in modo particolare, per Le chiavi di casa e molto più. Ci sembra esistere in lui quel perfetto connubio tra sensibilità artistica e capacità tecniche che in un attore è di fondamentale importanza.

Abbiamo ricavato da Cinematografo.it le seguenti recensioni:

“Auguriamo a Kim Rossi Stuart di trovarsi un posto nella piccola grande storia delle opere prime perché la sua prima esperienza da regista se lo merita proprio. (…) Con le partecipazioni a ‘Le chiavi di casa’ e ‘Romanzo criminale’ e con questo suo debutto da regista la figura di Kim Rossi Stuart, il cui muoversi controcorrente non cessa di stupire, fa un bel salto in avanti. Tenendo miracolosamente insieme, in equilibrio delicato, un’indole gentile, discreta e taciturna con un fondo – ne sono testimonianza il suo Freddo di ‘Romanzo criminale’ e il suo padre di ‘Anche Libero va bene’ – popolaresco, sanguigno, un po’ minaccioso.” (Paolo D’Agostini, ‘la Repubblica’, 5 maggio 2006)

“A 37 anni, Kim mostra di avere in regola le sue carte professionali. Figlio d’arte, bambino attore in un film di Bolognini, ha fatto in seguito ottime cose sullo schermo (con registi come Antonioni, Benigni, Amelio e Placido) e in tv. Sul palcoscenico si è misurato in un arduo duetto con un gigante della forza di Turi Ferro, poi è stato Amleto e Macbeth. Una carriera in continuo progresso, una maturazione artistica che lo ha portato ad autodirigersi in questo suo primo film. Dove impersona il cameraman Renato, un personaggio ispido e a tratti sgradevole, spesso con le furie nel cuore. Dirigendo se stesso e gli altri, il neoregista ha avuto il coraggio (o vogliamo chiamarla ispirazione?), di dimenticare i trucchi e le astuzie che costituiscono il bagaglio del buon professionista. La decisione vincente, razionale o istintiva, è stata di non fare il cinema, ma di rispecchiare la vita. Perciò i critici unanimi hanno messo in campo il riferimento a Vittorio De Sica, un altro attore passato dietro alla macchina per vocazione alla verità. Ma più di ‘Ladri di biciclette’ bisognava ricordare ‘I bambini ci guardano’, titolo che non stonerebbe su ‘Anche libero va bene’. (…) Accompagnando il protagonista senza mai abbandonarlo, l’autore imbastisce le sequenze più intense quando sottolinea la solitudine di Tommi, il suo doloroso risentimento tra il non comprendere e il non venire compreso, la difficoltà di legare con i compagni, le delusioni di un primo amoretto e la vertigine di un’esistenza a rischio ben raffigurata nelle ripetute fughe sul tetto di casa. Qui il ragazzino Alessandro Morace, scoperto in una scuola della periferia romana, si inserisce con sorprendente semplicità in una tradizione tutta italiana di piccoli protagonisti presi dalla vita; e si sarebbe tentati di presagirgli un futuro simile a quello di Franco Interlenghi, che partito in calzoni corti da ‘Sciuscià’ (1946) è ancora sulla breccia. Rossi Stuart e gli sceneggiatori che hanno collaborato con lui hanno avuto cura di rispettare le ragioni dei singoli personaggi anche quando appaiono aberranti, vedi il caso della madre sciagurata, e a non lasciarsi travolgere da parzialità o tentazioni di facili giudizi morali. Nel felice esito complessivo del film assume un accattivante rilievo la cornice romana tratteggiata dalla bella fotografia di Stefano Falivene.” (Tullio Kezich, ‘Corriere della Sera’, 12 maggio 2006)

il sogno

“Quando vuoi qualcosa, tutto nell’universo cospira perché tu possa realizzare il tuo desiderio”

Paulo Coelho

Meditate, gente, meditate… Appropriatevi di questa frase, vi riscalderà il cuore e accenderà i vostri sogni!

onomastico

San Pasquale Baylon, vissuto nella Spagna del Seicento, era in grado di discettare sulle Scritture con sconfinata sapienza teologica, pur non avendo mai compiuto studi regolari.

Mi piace ricordare che in Spinoza l’amore intellettuale di Dio è la forma più alta di conoscenza.

Allarme del WWF: un pianeta non basta!

Leggo su Repubblica.it un interessante articolo, nel quale viene presentato l’ultimo rapporto del WWF riguardo le condizioni di salute del pianeta Terra.
Gli ecosistemi si stanno danneggiando irrimediabilmente, la biodiversità corre il rischio di diventare una parola priva di significato, e lo sfruttamento dissennato delle risorse metterà il pianeta in ginocchio. Non è una profezia di Nostradamus,
sono le conclusioni del “Living Planet Report 2006“, presentato stavolta dalla Cina, il paese che sta conoscendo la fase di sviluppo più rapida.
In trent’anni le specie terrestri si sono ridotte del 31%, quelle di acqua dolce del 28% e quelle marine del 27%. Il peso dell’impatto umano sulla Terra è più che triplicato nel periodo tra il 1961 e il 2003, ha già superato nel 2003 del 25% la capacità bioproduttiva dei sistemi naturali da noi utilizzati per il nostro sostentamento.
Il nostro apporto di CO2 in atmosfera è cresciuto di nove volte dal 1961 al 2003.
Noi italiani figuriamo al 29° posto nella non invidiabile hit parade delle nazioni scialacquatrici (mai aggettivo fu più azzeccato, dato che proprio l’acqua è una delle risorse a rischio…).
Mi permetto di pensare che taluni black out che abbiamo conosciuto di recente siano, almeno in parte, un tragico memento di quanto sta accadendo.
Se va avanti così, avremo bisogno ben presto di cambiare pianeta…
DarkLight