Ieri, mentre guardavo il film “Chiara e Francesco”, mi sono ricordato di una curiosa informazione elargitami un giorno dal caro Geggione.
Secondo una teoria che Geggione medesimo avrebbe sentito da altra fonte, il cd “lupo di Gubbio” non era un canide che viveva nelle foreste e terrorizzava le locali popolazioni e i relativi armenti, bensì un barbone, una sorta di furfante emarginato che era stato soprannominato “lupo di Gubbio” per il suo stile di vita, di certo poco urbano.
La storia della Chiesa è costellata di figure che hanno temprato la propria spiritualità a forza di rinunce e mortificazioni.
Il concetto di base è: “Mortifico il più possibile la mia carne, la parte materiale dell’essere, in modo da elevare lo Spirito e avvicinarmi a Dio”.
San Francesco si sottoponeva a digiuni prolungati e mortificava nella neve gli aneliti della carne. Anche se era poi capace di elevare inni sublimi alle meraviglie del creato…
Santa Caterina da Siena si nutriva d’erbe, pane e acqua. Quando curava i lebbrosi, si puniva per il disgusto comprensibilmente provato bevendo l’acqua nella quale erano state disinfettate le loro ferite. Chiamava la sua anoressia “il male che mi tiene unita a Cristo”e affermava: “In vita mia non ho mai gustato più gradevole bevanda!”
Padre Pio era capace di sottoporsi a delicati interventi chirurgici senza anestesia.
Potremmo proseguire a lungo, prendendo in esame flagellanti e penitenti di tutti i tipi.
Secondo “La Santa anoressia”, un libro pubblicato anni or sono, i santi possono essere affetti da anoressia e bulimia alla stessa stregua dei comuni mortali. Atteggiamenti come quelli descritti sono inequivocabilmente patologie del comportamento alimentare e, di conseguenza, dell’equilibrio interiore.
Con la differenza della motivazione, in questo caso mistica.
Non stiamo appoggiando tale decodifica, ma vi riflettiamo sopra.
È lecito chiedersi:
La Quaresima è il periodo dell’anno in cui, per antonomasia, affiorano le contraddizioni di certe esperienze spirituali. Sepolcri imbiancati, attenti solo a ostentare invece che a migliorarsi, si prendono a sberle, si sottopongono a privazioni, credono di vivere bene i misteri della loro religione con semplici accorgimenti alimentari. Quasi che un po’ di moderazione nel cibo possa coonestare le mancanze d’amore o altre colpe, ben più gravi.
Se facciamo del bene non ha senso che se ne meni vanto, sarebbe fariseismo o atteggiamento da pubblicano. La ricompensa, se opportuna, c’è comunque.
Lungo il cammino dell’uomo, persone meravigliose, illuminate da un Messaggio Superiore, hanno indicato al mondo possibili strade per riavvicinarsi al divino e temprare la propria spiritualità.
Le religioni da loro fondate, però, non si sono limitate alla spiritualità e alla contemplazione del divino.
I loro dogmi si sono spesso appesantiti di norme giuridiche, sociali, perfino igieniche. E sono stati ulteriormente rimaneggiati nel corso della storia.
D’accordo, era necessario dare a comunità non strutturate regole oggettive, che valessero per tutto e supplissero a mancate codifiche precedenti.
Ma, se espungiamo il credere per fede, cosa autorizza alcuni uomini a mettersi sulla bocca “Dio vuole così… Per piacere a Dio dovrai… non dovrai…”
Ancora. Per quale motivo regole stabilite in contesti specifici dovrebbero essere estese all’infinito, nel tempo e nello spazio?
Nella mitologia egiziana, il dio Ptah creò l’uomo con l’argilla e gli soffiò nelle narici l’alito vitale.
Nella mitologia ebraica, l’uomo venne creato col fango e ricevette la vita attraverso il Respiro.
Nella mitologia greca, Prometeo crea l’uomo con il fango e lo vivifica col fuoco degli dei.
Le antiche culture riportano in pratica lo stesso mito per spiegare la nascita dell’uomo.
Può sembrare blasfemo che abbia inserito in questo elenco anche la narrazione che c’è nella Bibbia ma, non dimentichiamolo, essa era la summa di tutte le tradizioni ebraiche, anche di quelle mutuate da altri popoli (Mosè, probabile autore del Pentateuco, era stato allevato alla corte del Faraone).
Un mio amico egittologo mi ha anche spiegato che la parola ebraica Elohim, che normalmente traduciamo Dio, è un plurale.
Ricordate quei 30.000 professori di religione che il vecchio ministro Moratti aveva messo in regola senza che, in tutta schiettezza, se ne sentisse l’imminente bisogno?
Ebbene, so da fonte certa che i medesimi potranno chiedere anke il cambio di ruolo e andare a insegnare a tempo indeterminato Storia e Filosofia alla faccia dei laureati in Storia, Filosofia e simili che magari avevano fatto anche la scuola di abilitazione all’insegnamento!
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