le voci dello sciopero (dei doppiatori)

Il doppiaggio è uno dei fiori all’occhiello del nostro cinema e del nostro made in Italy e capita non di rado che le grandi produzioni internazionali vedano negli adattamenti italiani quelli in assoluto piú riusciti; il doppiatore è un professionista che riproduce e talvolta perfino crea l’anima e i contenuti di un personaggio lavorando con la voce.

In questo periodo, fino al 2 luglio prossimo venturo, il doppiaggio italiano è in sciopero, uno sciopero indetto da Slc CGIL, Fistel CISL, Uilcom UIL, con il sostegno dei sindacati e dell’Aidac, Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinematografici; intervistato dall’ANSA, Roberto Stocchi (attore, doppiatore, direttore di doppiaggio e montaggio nonché presidente dell’Anad, Associazione Nazionale Attori Doppiatori) ha dichiarato:

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tax credit anche a fiction e web series

Se alla Comunità Europea andrà bene, il tax credit sarà esteso anche alle web series e alle fiction concepite per la televisione.

È opportuno ricordare che il tax credit è il credito d’imposta sulle tasse che i produttori devono pagare per le loro realizzazioni, da quantificare in 110 milioni di euo quest’anno, 115 l’anno prossimo.

Sembra essere una vera e propria boccata d’ossigeno ma i paletti previsti dalla legge Valore cultura sono ben precisi: si deve trattare di produttori indipendenti, che detengano i diritti sull’opera che dev’essere realizzata. Ci sarà un tax credit interno, fino al 15% del costo, per i produttori indipendenti, fino a un massimo di tre milioni e mezzo di euro, e quello estero, per le produzioni commissionate all’estero, per al massimo il 25% del costo e non oltre i cinque milioni di euro.

Le serie pensate per il web potranno accedere al tax credit alle medesime condizioni, ed è forse la novità di maggiore interesse del provvedimento.

Nel frattempo, pur plaudendo a queste innovazioni, Rai, Mediaset e Sky continuano a reclamare regole precise per i grandi diffusori di cinema e audiovisivo in rete; particolarmente preciso il pensiero di Gina Nieri, consigliere d’amministrazione Mediaset:

 «Noi facciamo grande uso del web, abbiamo un sito molto visitato con tantissimi video visti al giorno  ma quello che non possiamo accettare è che i grandi operatori del web, come YouTube, prendano i nostri contenuti e ci mettano la loro pubblicità. A noi ci sta benissimo che questo enorme canale di diffusione veicoli anche i nostri contenuti ma dobbiamo poterci tenere dentro la nostra pubblicità, perché è con quella che finanziamo altri contenuti, come fiction e cinema. Mentre questi operatori prendono i contenuti anche italiani ma in Italia non lasciano praticamente niente, perché hanno tutti sede altrove e pochissime persone che lavorano per loro qui»

feste annullate, scioperi confermati…

La sperata e programmata Festa del Cinema Italiano, che avrebbe dovuto aver luogo da quest’oggi, 11 giugno, fino al 17, con riduzione del prezzo del biglietto a 3 euro per qualsiasi film, non prenderà il via. Il presidente dell’Anec, Lionello Cerri, ha dichiarato:

 “Purtroppo per quest’anno non è stato possibile organizzare la Festa del Cinema Italiano (…) L’iniziativa aveva l’obiettivo di tenere alta l’attenzione del pubblico in un mese caratterizzato da un numero insoddisfacente di prime visioni di richiamo, dando contemporaneamente la dovuta attenzione alla produzione nazionale della stagione, caratterizzata da buoni risultati in termini di visibilità festivaliera e di premi di prestigio, come il recentissimo Grand Prix della Giuria assegnato a Cannes al film ‘Le meraviglie’  di Alice Rohrwacher. La carenza di risorse adeguate per una promozione efficace e le scarse garanzie di un listino di film, già programmati nel corso della stagione, a condizioni di noleggio adeguate, rendono poco affidabile l’impianto dell’evento e ci hanno costretti a rinunciare all’iniziativa. Continuiamo a credere fermamente nell’opportunità di eventi come questo e come la recente Festa del Cinema e proseguiremo a lavorare alle prossime promozioni nazionali di natura interassociativa con l’obiettivo che si verifichino congrue condizioni di promozione, di finanziamento e di contenuti per il pubblico che ne garantiscano l’efficacia”.

Le brutte notizie non si limitano alle sale cinematografiche, purtroppo; oggi i dipendenti della Rai, Radio Televisione italiana, ad eccezione di coloro che fanno capo ai sindacati Usigrai e CISL (rimangono Slc CGIL, Uilcom UIL, Ugl Telecomunicazioni, Snater, Libersind Conf Sal), incroceranno le braccia per protestare contro i tagli da 150 milioni di euro voluti dal governo Renzi nel decreto Irpef, peraltro contestualmente alla (s)vendita di RaiWay, la società che gestisce e possiede le infrastrutture e gli impianti di trasmissione della Concessionaria di Stato per l’esercizio radio televisivo. Domani si deciderà anche e presentare un vero e proprio ricorso formale, in un contesto che diventa sempre meno roseo e sembra dare adito a licenziamenti e tagli strutturali, come lasciato intendere dalle dichiarazioni del direttore generale Luigi Gubitosi:

“Il Piano industriale, già approvato per gli esercizi 2013-2015, alla luce delle disposizioni del decreto Irpef, non è piú sostenibile (…) La relativa revisione non potrà prescindere da una ridefinizione del perimetro del Gruppo anche in termini di offerta/attività. Occorrerà parallelamente ridefinire i livelli occupazionali compatibili con il nuovo perimetro. Esiste evidentemente una difficoltà nell’individuazione delle aree del perimetro da ridurre. Penso, ad esempio, che il ridimensionamento degli investimenti in cinema e fiction potrebbe produrre rilevanti criticità. Sono critici anche altri interventi come la chiusura di un centro di produzione”.

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dalla Puglia con furore (2)

L’Apulia Film Commission ha deciso di creare un terzo polo per l’industria cinematografica, dopo Bari e Lecce, a Foggia

Una convenzione stipulata con la società consortile Promodaunia, previo il beneplacito della Regione Puglia e dell’Università di Foggia, ha dato infatti il via libera al progetto “Container”, che comporterà la realizzazione di una realtà operante nella produzione cinematografica e multimediale ma anche nella didattica, con corsi di formazione e seminari, nonché le tradizionali attività d’informazione e assistenza. Avrà una sede ben precisa, in via San Severo, ove un tempo era Mediafarm, e l’Apulia film Commission contribuirà al suo finanziamento con centomila euro all’anno.

Antonella Gaeta, presidente dell’Apulia film Commission, ha dichiarato che si tratta di

“Un importante presidio per un territorio, come quello foggiano, che esprime la vocazione dei luoghi e dei saperi cinematografici. I tre Cineporti si configurano come centri propulsivi dell’industria della creatività, capaci di generare nuove visioni e possibilità per i giovani”.

Il presidente di Promodaunia ha aggiunto:

“Negli statuti e nelle vocazioni di Promodaunia, c’è il servizio al territorio anche sotto l’aspetto delle infrastrutture materiali e immateriali. Il progetto Comtainer le coniuga entrambe, in un settore caratterizzato da innovazione e valore aggiunto, e nel solco di quella industria culturale che riteniamo da sempre il principale volano dello sviluppo della nostra terra”.

Il centro di Foggia sarà coordinato da un comitato che lavorerà a titolo gratuito, già dai prossimi giorni; ne farà parte il giornalista e consigliere d’amministrazione dell’AFC Enrico Ciccarelli.

Rileggi  Dalla Puglia con furore – 1, sulla Città delle onde

 

il futuro della fiction (2)

Alcune fonti d’informazione lamentano uno stato di forte crisi per la nostra fiction.

Sebbene, infatti, un prodotto in lingua italiana come ‘Il commissario Montalbano venga trasmesso dall’inglese BBC in lingua originale (coi sottotitoli), non è particolarmente idilliaco il IV Rapporto ‘Il mercato audiovisivo e la fiction: quali leve per lo sviluppo?’, curato dall’Istituto Economia dei Media della fondazione Rosselli per l’assessorato Cultura – Arte- sport della Regione Lazio, Sviluppo Lazio, l’Associazione Produttori Televisivi e la Camera di Commercio di Roma.

Il 2012, secondo il rapporto, ha visto un accentuarsi delle politiche di contenimento dei costi e un verticale assottigliarsi dei budget destinati dai broadcaster alla produzione indipendente, con perniciose ripercussioni su fatturati e livelli occupazionali (ovvio riflesso della crisi economica generale che attanaglia l’economia nel suo complesso).

Né è di conforto il paragone con gli altri Paesi che, pur a fronte di un volume d’affari ridimensionato, mostrano comunque migliori performance: 720 milioni di euro il Regno Unito, 537 la Francia (il mercato piú stabile da quando è cominciata la crisi), 270 l’Italia.

È interessante notare, tuttavia, che la riduzione degli investimenti in produzione non corrisponde a un ricavo proporzionale dei ricavi delle reti televisive che, ciò nonostante, hanno diretto le maggiori risorse verso altri generi o voci di costo.

La spesa in fiction in Italia, Francia e Regno unito nel 2011 è stata compresa tra il 12,3 e il 20,9% dei costi di programmazione; nel nostro Paese la contrazione è stata di quasi sei punti dal 2009 al 2011, con un trend che va peggiorando. 

Dal 2008, anno in cui è cominciata la crisi, il fatturato delle imprese di fiction si è ridotto del 24% (stima 2012 a 650M€); addirittura del 31% quello dell’intero settore audiovisivo. Venti aziende coprono oltre il 70% del mercato.

Quanto alle quote di programmazione, nel periodo settembre 2011 – agosto 2012 solo il 33% della fiction trasmessa è stata d’origine italiana, concentrata sulle reti ammiraglie (le cadette si nutrono di prodotti esteri); l’Italia è il Paese europeo che importa dall’estero il maggior numero di ore di serie di fiction televisiva e che spende la cifra maggiore in acquisto di serie straniere in primo luogo dagli Stati Uniti.

I palinsesti accolgono quote sempre maggiori di prodotto estero e sempre minori di autoproduzione e la nostra fiction, salvo alcune eccezioni, non riesce a vendere all’estero.

La sintesi suggerita dal Rapporto si concretizza in una precisa agenda da affidare ai politici:

  • innanzitutto una terapia d’urto,  per coniugare interventi tempestivi con una visione di medio e lungo periodo;
  • accesso al credito e alla finanza agevolata;
  • sostegno alle imprese sui mercati internazionali;
  • programmi di educazione all’immagine e promozione dell’audiovisivo;
  • misure di contrasto alla pirateria e offerta legale in rete;
  • sostegno alle start up creative, diffusione del video on demand, incentivi allo sviluppo;
  • estensione della leva fiscale all’intero comparto audiovisivo;
  • istituzione di vere e proprie cabine di regia per rilanciare le industrie creative e culturali (perché non un vero e proprio Ministero della Creatività?)
  • un patto Stato – Regioni per l’accesso ai fondi UE;
  • modernizzazione del Servizio pubblico;
  • revisione del Testo unico;
  • rispetto delle quote d’investimento e programmazione;
  • accordi di co – regolamentazione sui preacquisti;
  • nuova valorizzazione della titolarità dei diritti secondari (freno al total buy out, valorizzazione delle libraries);
  • maggiore severità del sistema di monitoraggio e sanzionatorio;
  • definizione e condivisione delle linee editoriali;
  • chiarezza nei criteri di selezione e valutazione dei progetti;
  • diversificazione dei generi in funzione delle reti;
  • preferenza della lunga serialità per trarre vantaggio dai costi orari ridotti e dalle economie di scala e ottenere livelli di occupazione piú stabili;
  • maggiori investimenti in contenuti originali per i canali digitali e per il web (cfr. il fenomeno delle web series);
  • maggiore serietà nelle politiche regionali: centralità all’audiovisivo nella gestione dei fondi strutturali, burocrazia piú snella, razionalizzazione del sistema delle Film Commission, valorizzazione dei Centri locali della Rai;

 La mentalità che questa sintesi vuol dunque promuovere, anche al di là della realizzabilità dei singoli punti, è quella di una collaborazione fattiva tra le realtà del settore, al di là delle istante particolaristiche, in una consapevolezza di sistema.

il futuro della fiction (1) riguardava le programmazioni del momento

il futuro di Cinecittà (3)

Oggi, 21 giugno 2012, il sindacato Ugl Comunicazioni manifesterà, con altre sigle sindacali, “per dire no a qualsiasi forma di esternalizzazione o dismissione che sta mettendo a rischio il futuro di Cinecittà” (Salvatore Muscarella, segretario nazionale Ugl). La protesta consterà di un sit in a piazza Cinecittà, davanti agli uffici del X Municipio, cui ne seguirà un altro in via Tuscolana e un secondo in piazza Cinecittà. È inoltre attivo un blog («Salviamo Cinecittà»), con una petizione sottoscritta finora da cinquecento persone.

I rischi paventati dai sindacati sembrano ispirati alla decisione di far passare alla Panalight sei lavoratori, di affittare l’intera postproduzione a due società del gruppo Deluxe Italia, il trasferimento di cinquantacinque a un’altra società del gruppo IEG, venti licenziamenti annunciati e incertezza per altri quaranta lavoratori.

Non è mai stato presentato un vero piano industriale e non ci è stata fornita alcuna garanzia occupazionale, inoltre dal ministero dei Beni Culturali e dal ministero dell’Economia non abbiamo avuto nessuna risposta. Non è possibile che il destino di oltre 200 lavoratori sia affidato alle sole parole di chi è responsabile dello stato di crisi aziendale.È il momento che si faccia un passo indietro e si mostri vero senso di responsabilità, lasciando spazio a chi possa essere veramente in grado di rilanciare gli storici studi cinematografici” conclude Muscarella.

Quello che si sa dalle fonti ufficiali è che l’azienda vuole migliorare e ottimizzare, secondo tre direttrici:

·       il settore delle scenografie confluirà in una società specifica, “Cinecittà allestimenti e tematizzazioni” (Cat), con sede a Castel Romano, sulla Pontina, dove gli artigiani saranno al servizio non solo del cinema ma anche dei parchi tematici) (rileggi anche Cinecittà, nel suo piccolo…);

·       all’interno degli studi sta per sbarcare la Panalight, uno dei maggiori operatori per il noleggio dei mezzi tecnici di ripresa (per cui dovrebbero andare a lavorare alcuni lavoratori, forse sei);

·       l’affitto del ramo d’azienda della postproduzione (Cinecittà digital factory) al colosso mondiale Deluxe (e ottantotto persone «cambieranno casacca»).

Giuseppe Basso, direttore generale di Cinecittà Studios, ha spiegato che l’obiettivo è quello «di una riorganizzazione complessiva per riportare gli studi alla loro missione, cioè attrarre il cinema internazionale. Servizi ancillari finora in concorrenza con aziende d’eccellenza come la Deluxe saranno realizzati dalle stesse industrie punte di diamante del settore, dentro casa nostra. Al momento non c’è nessuna ipotesi di vendita della postproduzione. È un affitto. Creeremo una sinergia potente al servizio della cinematografia e dell’audiovisivo, nell’ottica di un rafforzamento di un’attività già vivace: non è vero che l’anno scorso è stato girato un solo film. Chi lo afferma fa male a se stesso, e al nome che dice di voler difendere».

Questo, evidentemente, non basta a calmare gli animi e a impedire preoccupazioni. I sindacati paventano che l’affitto alla Deluxe Italia possa essere un primo passo verso la vendita. La costola Panalight poi avrà un numero esiguo di dipendenti, quelli che vi entreranno vedranno cadere alcune tutele. Si sarebbe di fronte, in sintesi, allo smantellamento di Cinecittà, un marchio che diventerebbe una scatola vuota.

C’è, poi, quello che qualcuno ha definito “delitto perfetto”, se non addirittura “conto alla rovescia per le sorti di Cinecittà”: l’annunciata realizzazione di un albergo, una piscina, e forse anche un centro benessere, spiegati dal presidente Luigi Abete come servizi in piú alle troupe, come “un progetto industriale per cui si vorrebbe smettere di girare film e adibire gli studi all’intrattenimento”.

In realtà non sembra che i servizi citati possano costituire un danno o un depauperamento degli Studios…

Infine, si lamenta che Fintecna sarà dismessa, in virtú del decreto governativo sulla vendita degli immobili pubblici (già il ministro Galan, nella precedente legislatura, aveva trasformato “Cinecittà – Istituto Luce” in una S.r.l. controllata da Fintecna, rileggi il futuro di Cinecittà).

I PD Vita e Orfini hanno chiesto un’indagine conoscitiva in commissione Cultura e un tavolo presso il ministero del Tesoro «perché ci si ripensi prima che sia troppo tardi». Italia dei valori e Sel sembrano essere del medesimo orientamento.

Ci piace concludere ricordando che Cinecittà ha spento settantacinque candeline proprio quest’anno, è il secondo marchio italiano piú conosciuto al mondo ed è stato definito dal presidente della provincia Zingaretti «fulcro del rilancio dell’audiovisivo nella regione» (è stato proprio lui a garantire che farà da mediatore con il governo e gli altri enti locali). Il Rapporto 2011 “Il Mercato e l’Industria del Cinema in Italia”, curato dall’Area Studi della Fondazione Ente dello Spettacolo, riporta che il 2011 è stato un anno record nella produzione di film italiani, con la realizzazione di ben 155 pellicole, la migliore performance della storia dopo quella del 1960.

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