de magiae periculis

Durante le vacanze ovviamente ho fatto una scorpacciata di cartoni animati e film fantasy .

Mentre riguardavo Harry Potter ho trovato molte analogie con la mia personale biography. D’accordo, non avevo gufi che mi portavano la corrispondenza a casa ma eventi paranormali devono esserne capitati a iosa, farò accurate ricerke.
Papa Ratzinger ha definito Harry Potter “una perikolosa seduzione”. Tremo al pensiero di quello ke direbbe se leggesse il mio Kevin & Tigor...  Per non parlare del Codice Peyo!
Qualora dovesse scomunicarmi e impedirmi il funerale in kiesa, siete autorizzati a cremarmi e a custodire le mie ceneri in un apposito santuario, dopo gli opportuni riti. Provvederò in tempo a codificare il rituale.

Ke dite, gli mando una copia?

Messiaen

Lasciamo oggi mia zia, i ricordi della mia permanenza in Umbria e le leccornie di quella terra (permettetemi di abbandonare tale ameno terreno citando soltanto alcuni dolciumi, il salame del Re, la ceramicola e il torcolo), per tornare a più aulica materia (che possiamo legare a quanto postato ieri giusto in virtù di un legame con santa Cecilia come patrona dei musicisti).
Domenica scorsa, sempre nell’ambito di quei concerti che scrocco nelle chiese Romane, ero a Trinità dei Monti, dove ho avuto modo di ascoltare le Quatuor pour la fin du temps, di Messiaen, autore che non conoscevo e il cui nome credevo anzi essere uno pseudonimo (siete pregati di non sghignazzare).
È musica particolare, trovo abbia il potere di non lasciare indifferente chi l’ascolta, di pizzicargli l’anima, lasciandogli nel cuore un ricordo indelebile. Composta durante gli anni di prigionia nei campi di concentramento nazisti, tale musica tratta alcuni brani dell’Apocalisse, rileggendoli con originale sensibilità e con accenti spesso sorprendentemente brillanti. A chi osservava che tali sfumature fossero, appunto, troppo giocose per un contenuto di quel tipo, Messiaen, morto nel 1993, ribatteva che nell’Apocalisse non ci sono soltanto tragedie ma anche ineffabili misticità contemplative.

Novembre

Comincia oggi il mese di Novembre, che porta addosso il pesante fardello di mese triste (sarà forse x questo ke mentre scrivo piove a dirotto).
Per i cattolici oggi è Ognissanti.
Per gli anglosassoni la notte appena trascorsa è stata Halloween, la notte delle streghe, che secondo alcuni sta ormai spodestando il Carnevale anche nei paesi latini (pfui!, sarà un espediente commerciale, i soliti giornalisti prezzolati…). In effetti è da un bel po’ di tempo ke non mi maskero + a Carnevale, ma dev’essere xké nessuno mi invita + a delle feste in costume. Sigh!

Leggo su http://web.tiscali.it/Ciriminna/halloween/ keI Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno (31 Ottobre) Samhain Signore della Morte, Principe delle Tenebre, chiamasse a sé tutti gli spiriti dei Morti. Inoltre temevano che la vigilia del 1° Novembre tutte le leggi dello spazio e del tempo fossero sospese e durante questo periodo era permesso al mondo degli spiriti unirsi al mondo dei viventi(…) I Celti si mascheravano con le pelli degli animali uccisi per esorcizzare e spaventare gli spiriti. Vestiti con queste maschere grottesche ritornavano al villaggio illuminando il loro cammino con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui intorno erano poste le braci del Fuoco Sacro (…)

Durante il primo secolo i Romani invasero la Bretagna e vennero a contatto con queste celebrazioni. Anche i Romani avevano una ricorrenza intorno al 1° Novembre, infatti onoravano in quel periodo Pomona, la dea dei frutti e dei giardini. Durante questa festività si offrivano frutti (soprattutto mele) alla divinità per propiziare la fertilità futura. Con il passare dei secolo il culto di Samhain e di Pomona si unificarono, e l’usanza dei sacrifici fu abbandonata, al suo posto si bruciavano effigi. La pratica di mascherarsi da fantasmi, streghe, divenne parte del cerimoniale. Questa tradizione era molto radicata nella popolazione, malgrado l’avvento del Cristianesimo e pur essendosi molte persone convertite alla Chiesa cattolica, l’antico rito romano-celtico rimase. A questo bisogna aggiungere che durante l’ Alto Medioevo nonostante numerosi templi fossero stati distrutti, il paganesimo continuava a sopravvivere. Il paganesimo però si era trasformato, si credeva all’esistenza delle streghe e della stregoneria. Visto che la chiesa cattolica non riusciva a sradicare questi antichi culti,nel 835 papa Gregorio spostò la festa di Tutti i Santi dal 13 Maggio al 1° Novembre. Così pensò di dare un nuovo significato ai culti pagani, ma l’influenza nefasta del culto di Samhain si faceva ancora sentire… Allora la Chiesa aggiunse nel decimo secolo una nuova festa il 2 Novembre il Giorno dei Morti in memoria delle anime degli scomparsi” (andate sul sito x more details).

Quanto alle zucche perforate, ieri a TreBisOnda, programma garbato ma perfezionabile, spiegavano ke tale Jack O’ Lantern, uno sgamato signore ke era riuscito x 2 volte a ingannare il diavolo, avendo ottenuto proprio da questi di non andare all’Inferno, e non potendo anelare al Paradiso, era costretto a vagare nell’oscurità con una grossa rapa recante una candela al suo interno. Alle rape si preferì poi l’uso delle zucche…

ILLUMINANTE, VERO?

santa Caterina da Siena

Tutti conosciamo Santa Caterina da Siena come patrona d’Italia, ricordiamo le sue lettere per convincere il papa ad abbandonare Avignone, i più devoti conoscono forse qualche miracolo e qualche altra vicenda biografica.
Pochi conoscono i dettagli sull’infanzia di Caterina Benincasa, figlia di Jacopo tintore e di Lapa, ultima nata in una famiglia di ben venticinque fratelli.
Per esempio il fatto che già a sei anni fosse solita pregare nelle grotte, e raggiungesse tali livelli di ascesi da levitare dal suolo fino a raggiungere col capo il soffitto stesso della grotta.
O che, per mortificare il corpo, facesse il bagno alle terme solo nel punto in cui l’acqua era bollente.
Qualcuno afferma che sono le testimonianze come queste che avvalorano il cristianesimo e mettono a tacere, pertanto, chi vede solo nelle religioni orientali i modelli più alti di ascetismo.
Altri ritengono che dietro tale desiderio di soffrire, oltre alla fede, si possano intravedere anche risvolti psicologici.
Voi cosa ne pensate?

Che ve ne farete del latinorum?

Pare che la pronuncia del latino che ci hanno fatto studiare a scuola, la cosiddetta pronuncia “cattolica” sia erronea, per tutta una serie di motivi. Per esempio non era possibile, anche a rigor di logica, che parole come dux, ducis avessero la c velare al nominativo e palatale al genitivo. Non si pronunciava dux, ducis, ma dux dukis. Perplessità ci sono anche sul famoso dittongo -ae e su altre strutture. Tale sarebbe la cd pronuncia “skientifica“. Altri affermano salomonicamente che tanto la pronuncia effettiva degli antichi romani non la conosceremo mai lo stesso (so di gente che è stata umiliata anche in sede universitaria per aver usato la skientifica).
Chi scrive è uscito dal classico oltre undici anni fa e si tira indietro. I latinisti in ascolto, invece, cosa ne pensano?

una serata con Uto & Giorgio

Scrivo questo post al rientro da una serata particolarmente interessante, passata al Teatro dell’Opera di Roma, a celebrare Giorgio Albertazzi nel contesto della rassegna Uto Ughi per Roma.
La serata, organizzata per me dalla sempre dinamica Agnese – che ringrazio pubblicamente – , è stata un gradevolissimo florilegio di testimonianze musicali, letterarie, teatrali, di varia umanità.
Si è ascoltata dell’ottima musica (Uto Ughi e i suoi ragazzi che interpretavano la Danza ungherese di Brahms, una Romanza scritta da Beethoven subito dopo la sordità, un’antologia di brani del Settecento italiano piuttosto che la Campanella di Paganini, per intenderci…), si sono rivisitate interessanti pagine della nostra storia teatrale e televisiva (negli anni ’50 mandavano in onda un giovanissimo Albertazzi nei panni dell’Idiota di Dostoeevskj, e fu Albertazzi stesso a tenere a battesimo l’attività teatrale della neonata Emittente di Stato, con un indimenticabile Romeo e Giulietta), si è chiacchierato amabilmente tra Albertazzi, Ughi e Proclemer, tre vecchi amici che si ritrovano a commentare i propri vissuti artistici, con tanta ironia e forse anche qualche punta di sarcasmo.
Momento più alto della serata il monologo finale de Le memorie di Adriano della Yourcenar, recitato da Albertazzi con la padronanza scenica e l’intensità interpretativa che lo contraddistinguono da sempre.

Corsi e ricorsi. E non arrivai.

Ho concluso ieri la (ri)lettura di Gargantua et Pantagruel, l’immortale opera di Rabelais.

Scrivo (ri)lettura perché ogni volta che si legge un classico se ne ricavano sempre suggestioni e stimoli completamente nuovi.

È lettura a tratti decisamente licenziosa, è vero, ma consente di riflettere su molte cose, dall’animo umano che non cambia alle beghe sempiterne della società.

Da puffologo emerito, inoltre, non posso non ricordare il fatto che la madre di Gargantua si chiami “Gargamella”…

la fata Morgana

Venite a ristorare la vostra anima sulle acque dello Stretto di Messina.

Fate cullare il vostro cuore dalla brezza che spira dallo Ionio e dal Tirreno.

Se il mare è placido, il cielo terso e avete quel pizzico di fortuna che bacia solo chi sa volare in alto, potreste vederla.

Sto parlando della Fata Morgana, un fenomeno fisico caratteristico di Reggio Calabria, che trae nome proprio dalla Morgana, sorella di Re Artù, che sarebbe venuta da noi a trascorrere l’ultima stagione della sua vita.

Da Reggio, grazie all’azione di riflesso dell’acqua, si vedono le strade di Messina.

Io, in trent’anni, non l’ho visto nemmeno una volta, si vede che sono un uomo sfortunato.

Comunque, a sottolineare la prestigiosa eredità, ora anche una statua.

È stata posizionata nei giorni scorsi sul lungomare di Reggio. Opera di due scultori reggini, la statua raffigura l’inclita fattucchiera in un atteggiamento che ricorda un po’ le figure mitologiche uscenti dall’acqua, tipiche di molte culture.

Serendippo

Negli Stati Uniti e, da qualche tempo, anche in Italia, si fa un gran parlare della serendippidity.

Secondo il docente con cui sostenni l’esame di psicologia cognitiva quand’ero giovane (Maria Antonietta era già stata ghigliottinata), la serendippidity sarebbe, tra l’altro, il miglior modo possibile per tener lontano l’Alzheimer: tenere il cervello sempre accesso e respirante, costruire percorsi di ragionamento, nutrirsi di stimoli, coltivare interessi, lasciarsi guidare dalle curiosità… Il secondo miglior modo è mangiare molte arance.

La serendippidity trae la sua etimologia dalla fiaba ‘Viaggi e avventure dei tre principi  di Serendippo’, tradotta in italiano da Cristoforo Armeno nel 1548. La fiaba in versione originale potrà essere liberamente rinvenuta, letta, meditata e, con qualche accorgimento, proposta ai fanciulli. Il professore di psicologia citato a inizio post ne conosceva una lectio facilior che, se la memoria non m’inganna, suonava come segue.

L’uomo più saggio della Terra, si sentì in punto di morte e, chiamati al capezzale i tre figli, disse loro che avrebbe lasciato la sua eredità a chi dei tre fosse riuscito a trovare la cosa piú stupefacente che esistesse al mondo.

I tre partirono da casa ma, dopo un anno, si rincontrarono nel deserto. Proseguirono insieme.

Li raggiunse una carovana. Il capo della detta carovana chiese loro se avessero notizie di un cammello passato di recente nei paraggi.

“Sí – disse il primo dei figli – ed era a bordo di un cammello!”

“Sí – aggiunse il secondo – ed era una donna incinta!”

“E il cammello aveva denti cariati!”, concluse il terzo.

“Arrestateli!”, tuonò il capocarovana.

Condotti di fronte al re, i tre seppero dimostrare che non avevano nemmeno visto né il cammello né la donna.

“Io non ho visto la donna, ma qui vicino c’è un’oasi, con delle orme di cammello!”, spiegò il primo.

“Accanto alle orme del cammello ci sono quelle di un essere che può esser sceso dal cammello solo come una donna in gravidanza può fare!”, chiarì il secondo.

“E nell’oasi ci sono foglie brucate in modo discontinuo, come se a brucarle fosse stato un animale con denti cariati!”, concluse il terzo.

Il proprietario del cammello scoppiò a ridere: “Signori, questi non sono tre briganti, ma tre geni!”.

Questa storia non va studiata a memoria ma rivissuta ogni volta nei singoli passaggi logici. Il professore lo consigliava come esercizio e confidava di praticarlo lui stesso ogni notte, prima d’andare a dormire.

Chissà, che non sia davvero un sistema efficace per diventare anche noi… figli di Serendippo!

Goffredo, perdonami!

Nonostante qualche complimento, ritengo doveroso fami perdonare dal Goffredo nazionale per avergli deturpato l’inno.

Se cliccate qui potrete leggerlo e ascoltarlo in versione originale.

Se volete possiamo anche aprire un dibattito. Va modificato o deve rimanere per sempre così?

Secondo me ci vorrebbero solo un’ aggiustatina,  che so,

abolire “l’Aquila d’Austria le penne ha perdute”,

con tutto il rispetto per il contesto storico

in cui il nostro inno nazionale è nato.

Alla prossima!

consigli per le vacanze

Reggio Calabria  in estate riesce ad elevare le proprie risorse alla massima potenza, e tornarvi è un piacere per più di un motivo.

  • La prima grossa manifestazione che vi segnalo è Catonateatro, rassegna teatrale di tutto rispetto, con artisti di livello nazionale, che potrete liberamente valutare cliccando sul sito istituzionale.

(Catona è un po’ fuori Reggio, è come se fosse una sua frazione pur non essendo indipendente. Dante, che in questi giorni abbiamo citato, scriveva

“…quel corno d’Ausonia che s’imborga di Bari, di Gaeta e di Catona, da ove Tronto e Verde in mare sgorga”

canto VIII del Paradiso)

  •  “L’antico e suggestivo palazzo di stile veneziano “Villa Genoese Zerbi” ospita nei mesi di luglio e agosto la mostra di Salvador Dalì. La retrospettiva presenta al pubblico oltre 270 opere tra sculture e grafica, realizzate dal grande Maestro catalano tra gli anni 60’ e 70’ ” (dal sito del Comune);

  • Anche quest’anno il tradizionale Festival dello Stretto;

  • il 29 luglio concerto di Milva;

  • la Fata Morgana, citata di recente, è un po’ uno dei simboli di Reggio Calabria. Ebbene, pare proprio che la fattucchiera si alleerà con la decima Musa, il cinema, per offrire per tutta l’estate una serie di magie di tutto rispetto (basti pensare all’anteprima nazionale di Superman returns, il 17 agosto…)

    CLICCA QUI PER LA COMUNICAZIONE UFFICIALE

Piaghe d'Egitto

Piaghe d’Egitto: la scienza conferma

da Avvenire del 15.02.2000 (io non leggo Avvenire, questo è un caso…)

Un’indagine integrata su testi biblici, talmudici e su papiri permette oggi di avanzare una spiegazione per ognuno dei flagelli

«La morte dei primogeniti probabilmente causata da ingestione di micotossine»

di Luigi Dell’Aglio

Ora la scienza, anche con l’avallo dei papiri egizi, considera eventi storici, a tutti gli effetti, le dieci Piaghe d’Egitto, le calamità che – secondo la Bibbia – indussero il faraone a lasciare libero il popolo d’Israele perchè potesse avviarsi verso la Terra Promessa. Non si trattò semplicemente di una catena di terribili sciagure, come si era ritenuto finora. Il faraone capitolò perché l’Egitto venne colpito soprattutto da una serie di epidemie che oggi possono considerarsi la micidiale conseguenza di un’unica contaminazione iniziale. Recenti ricerche permettono di stabilire non solo che queste calamità si verificarono realmente ma anche come e, soprattutto, perché avvennero. Il nuovo approccio è frutto di studi compiuti negli anni ’80 e ’90 (anche a opera dell’italiano Giovanni Ceccarelli), ma il lavoro conclusivo è merito del dottor John Marr, che è stato fra l’altro epidemiologo capo nel Dipartimento della Sanità Pubblica di New York. Marr affronta il tema con un’indagine integrata, risalendo non solo ai testi talmudici e biblici ma anche a papiri egiziani, fra cui quello intitolato «Gli ammonimenti di Ipuwer». Da questo papiro risulta che in Egitto una serie di catastrofi naturali ebbero luogo alla fine del Regno di Mezzo. E gli eventi narrati dal papiro assomigliano moltissimo alle dieci piaghe. «Non pretendiamo di spiegare tutto. Nonostante due secoli di studi, molti interrogativi restano ancora senza risposta», si schermisce John Marr.
Ma l’enigma più intricato è ora praticamente sciolto. Quale evento naturale, quale epidemia potrebbe mai spiegare la decima piaga, cioè l’improvvisa morte, in una notte, dei soli primogeniti delle famiglie egizie e dei soli primogeniti degli animali che agli Egizi appartenevano? Oggi la risposta c’è, e si deve a un’intuizione straordinaria di John Marr. Sarà rivelata a conclusione dell’intervista perché Marr preferisce procedere secondo il suo ferreo metodo: partire dalla prima piaga d’Egitto per arrivare all’ultima.
Lei ha collegato ogni evento al successivo. Quale rapporto c’è tra la prima piaga – il Nilo che si tinge di sangue – e la seconda, la spaventosa invasione di rane?
«Per il Nilo che si colora di sangue, chiamo in causa i cianobatteri. Microorganismi che, oltre a provocare una tipica colorazione rossa di fiumi e laghi, privano l’acqua di ossigeno e producono tossine nocive per i pesci. Questi, come si sa, sono voraci predatori di rane. Perciò la scomparsa dei pesci non può che favorire una esagerata riproduzione delle rane. Ma poi l’acqua infetta fa morire anche le rane; si scompagina così un altro equilibrio naturale. Le rane, infatti, tenevano a bada le zanzare. Scomparse le rane, le zanzare si moltiplicano in modo esiziale. E abbiamo il legame fra la seconda e la terza piaga».
L’Esodo parla di «pidocchi provenienti da tutta la polvere della terra». Erano proprio zanzare?
«Si trattò, molto probabilmente, di zanzare culicoides. Le larve di questi insetti nascono nell’immondizia e nella polvere. Da pochi anni abbiamo scoperto che questi insetti sono responsabili di un gran numero di malattie virali, negli uomini e negli animali. Le zanzare furono la causa diretta della terza piaga d’Egitto. Ma furono anche il vettore biologico dell’epidemia che sterminò gli animali (quinta delle dieci piaghe). Nel frattempo, l’Egitto, il cui ambiente era già fortemente deteriorato, viene invaso dalle mosche (quarta piaga) e le mosche contribuiscono anch’esse a preparare la quinta piaga. Si tratta infatti di mosche di stalla, provocano infezioni e ferite dolorose negli animali».
La quinta piaga, però, non uccide proprio tutti gli animali di cui disponeva l’Egitto. Tanto è vero che il faraone troverà i cavalli per inseguire gli Ebrei…
«L’epidemia epizootica si presenta sotto varie forme. E’ selettiva, nei suoi effetti mortali. Per esempio, la “malattia del cavallo africano” fa strage di equini, ma la cosiddetta “linguablu” – fatale a capre e pecore – risparmia cavalli e maiali; stermina gli animali che si trovano nei campi, non quelli domestici».
La sesta “piaga” colpisce sia gli animali che gli uomini. Qual è la causa?
«Propendo per lo pseudomonas mallei, malattia fortemente contagiosa, trasmessa dal contatto con le mosche. Queste inoculano, negli esseri umani e negli animali, ogni genere di batteri e virus. S’infetta anche chi mangia carne contaminata. Con la sesta piaga, l’Egitto è già in ginocchio. Ha subìto un disastroso impoverimento. L’acqua è inquinata (non ci si può neanche lavare). Non c’è più pesce. E ora vengono a mancare anche carne e latte. Solo il Goshen, dove si trovano gli Ebrei, viene risparmiato».
Però la grandine (settima piaga) non è un ‘epidemia…
«Nessuno afferma che ogni piaga d’Egitto è la diretta conseguenza della precedente. Ci sono anche le eccezioni. Ciò che importa è il contesto generale, una certa concatenazione che appare evidente, l’evoluzione precipitosa verso la rovina dell’Egitto. La settima piaga sopraggiunge quando la popolazione non può più procurarsi proteine animali. La grandine distrugge le messi, le spighe imputridiscono. Poi le locuste del deserto (ottava piaga) si lanciano all’attacco delle pianticelle più giovani e fanno piazza pulita di qualsiasi vegetale. Con la nona piaga (una tempesta di sabbia che viene dal deserto, il khamsin) qualunque fonte di nutrimento è ormai sepolta. Dopo tre mesi di sventura, due milioni e mezzo di Egizi stanno letteralmente morendo di fame».
Ma come spiega la decima calamità, la più misteriosa, che piomba sul popolo egizio come una mazzata?
«Nel 1961 è stata scoperta l’aflatossina, che appartiene a una famiglia di microorganismi altamente nocivi: le micotossine. Il Fusarium graminearum e la Stachybotrys atra hanno fatto vittime nell’ex-Urss, durante la seconda guerra mondiale, e anche altrove. Contadini che, lavorando in un silo, avevano inalato micotossine, sono stati stroncati. Una quantità minima provoca una rapida morte. E si è ipotizzato che le micotossine abbiano ucciso anche alcuni fra gli archeologi che avevano appena scoperto la tomba del “faraone giovinetto” (Lord Carnarvon non morì in poche ore, nel 1922, di una “strana” polmonite?)».
Ma perché le micotossine avrebbero sterminato soltanto i primogeniti?
«Ecco che cosa accadde probabilmente. La fame aveva ridotto le famiglie allo stremo. Quella notte ci si precipitò nei magazzini, ma quanto restava di grano e foraggio era ormai coperto da una patina di micotossine. E chi scese laggiù? I primogeniti, i quali erano responsabili della sorte delle famiglie. Inalarono, come un aerosol, letali quantità di Stachibotrys atra. Forse addentarono anche, per primi, il pane fatto con i cereali contaminati e, sempre per primi, bevvero la birra fatta con quegli stessi cereali. Idem per gli animali: l’individuo dominante, il primogenito, mangiò per primo il grano divenuto tossico» .
Gli Egizi rischiarono di essere cancellati dalla faccia della Terra.
«Non avvenne perché l’improvvisa morte dei primogeniti mise in allerta la popolazione e gli animali. I granai furono subito spalancati, entrò aria pulita. Una conferma alla mia ipotesi sulle responsabilità delle micotossine si trova nella tradizione ebrea (che nasce proprio allora) di mangiare l’agnello pasquale. Coscio di agnello sano e robusto, erba fresca, pane non lievitato, fatto con cereali macinati da poco. Tutti alimenti che non possono essere stati contaminati da micotossine».

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