Giuliano Montaldo, un’intervista

Vogliamo salutare il grande Giuliano Montaldo con il testo di un’intervista rilasciata (ai tempi) ai redattori di Cinecittà Entertainment, per come opportunamente sbobinata:

GIULIANO MONTALDO

SU “NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO”

01.12.
Ma io conoscevo (Giordano) Bruno più per il nome di una strada, di una piazza, di un monumento in Campo de’ Fiori, per quelle nozioni scolastiche ma poco di più. Dopo aver fatto Sacco e Vanzetti avevo intenzione di fare un certo discorso, proprio l’intolleranza, cioè andare a esplorare le ragioni della mia indifferenza, la mia sofferenza anzi. E devo dire che è un personaggio che, via via che lo leggevo, mi affascinava. Poi sono andato una volta sotto la sua statua in Campo de’ Fiori, ricordo la serata invernale, con una leggera nebbiolina rara per Roma e sotto c’erano francesi, che stavano guardandolo e parlando di lui con tale amore che ancor più mi sono intrigato a questo personaggio che non merita, tra l’altro, quella statua con quell’atteggiamento del guardare in basso, lui era un uomo che guardava in alto, verso il cielo. E quindi ho iniziato a studiarlo insieme a Fabrizio Onori, grandissimo studioso. E, devo dire, quello che colpì noi di Bruno era appunto la voglia di alzare la testa verso il cielo, di uscire dai dogmi, la voglia di esplorare, al di là di quelli che erano i paletti, questo recinto della conoscenza, a San Domenico Maggiore, a Napoli, dove esercitava poi gli studi e ha continuato a esercitare la sua vocazione di frate domenicano, ebbe subito alcune discussioni, che lo portarono un po’ fuori dalla linea, fuori dalla conoscenza, e quindi messo già in…
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Già da ragazzo, Bruno, già da ragazzo, da giovanotto, nel convento di san Domenico Maggiore, dove stava portando avanti la sua vocazione di frate domenicano, cominciò ad avere alcune riflessioni, alcune discussioni su i dogmi , paletti, recinti all’interno dei quali era costretto a ragionare un giovane frate. Cominciò a discutere la verginità dell’Ave Maria, cominciò a discutere alcune cose che ovviamente lo portarono fuori dal seminato. In qualche modo cominciò così un suo peregrinare, una vita molto difficile. Intelligenza, forza, determinazione… poi lui aveva un disegno, quello di andare da tutti i potenti della terra per cercare di costruire una Pax religiosa in un periodo di grandi lacerazioni per la Chiesa, Lutero, Calvino, il Concilio di Trento, che era stato nella metà del 1500, quindi lui si è trovato in qualche modo a trovare i suoi interlocutori, cioè l’Inquisizione, in un momento di particolare ferocia, cioè vale a dire la paura di dover scalfire, di dover aprire altri varchi, ritornò a Venezia, ritornò a Venezia nella convinzione che il patriarca di Venezia, più libero, garante di altre situazioni italiane in questa Repubblica, che aveva rapporti con l’Oriente, rapporti con altre religioni e con altre realtà, potesse vivere una vita più serena. Poi, come disse lui in uno scritto Giapponio l’imbecille, trovò quest’uomo, questo Moncenigo che voleva da lui, prendendolo per uno stregone, parlare dell’alchimia, e naturalmente lui lo sbeffeggiò, com’era suo costume, lui, nolano, pieno di vita, pieno di… E quindi venne consegnato dal Patriarca di Venezia all’Inquisizione romana. Quello che è straordinario è la forza che ha trovato quest’uomo malgrado la tortura, malgrado le umiliazioni, malgrado il tentativo ostinato di farlo abiurare, ebbe la forza di percorrere il suo calvario, fino ad essere poi, nel febbraio del 1600, bruciato in Campo de’ Fiori. Ciò che mi ha colpito la coerenza, e l’intolleranza degli altri, come dire, non si doveva mettere in discussione l’ordine stabilito, forse è un modo un po’ moderno di definire la cosa ma mi ha affascinato l’uomo e la tenacia con la quale le sue convinzioni le ha portate fino alle estreme conseguenze.
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Io ricordo che quando con Gian Maria Volontà, questo nostro magnifico attore, io poi avevo già girato con lui, lo conoscevamo bene, mi ricordo di avere trovato tra i documenti , abbiamo dovuto studiarci molto materiale, soprattutto le pubblicazioni, era difficile trovare i documenti originali, ma tra le varie pubblicazioni una frase che sarebbe stata detta da Bruno, Avete più paura voi al momento della… e nel film l’abbiamo ripetuta più volte, quasi nel silenzio di sé, quasi prima tra sé, abbiamo immaginato, e poi, sempre più chiaramente , Avete più paura voi… Quando Bellarmino immagina, e nel film non lo dice la nostra immaginazione, abbiamo trovato scritto questo ma … è di grande valore il cardinale Bellarmino, teme che quello sarà un rogo che brucerà nei tempi. Non so se brucerà in eterno, certo continua a bruciare. Ancora oggi Bruno è ricordato con il suo valore, non credo che il tema… è stato innalzato come emblema dell’anticlericalismo, è emblema della coerenza e, semmai, la Chiesa si sta interrogando con se stessa su quello che è stato quel periodo, i drammi proprio dell’Inquisizione, i crimini dell’Inquisizione per cui lo stesso papa Woytila più volte è ritornato su questo. Quello è un periodo che va condannato, Bruno è morto, ma forse non vorrebbe essere rivalutato perché non ha bisogno, non crede di averne bisogno. Io sono contento di averlo ricordato e di avere ricordato un uomo che alla fine voleva lavorare affinché ci fosse la pace tra le persone che non la pensavano secondo i canoni della Santa Romana Chiesa.
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Bruno cercava la Verità, cercava all’interno di questa Sua veemente passione, è un uomo di passioni, era un uomo che sicuramente è intollerabile che avesse anche un abito religioso. E questo era di grande imbarazzo, come si racconta, che all’Università Ecclesiae arrotolava le maniche e nei pulpiti e anche nelle aule chiedeva questa attenzione nei confronti dei diversi. Lui era fuori da ogni schema, quindi non era un rivoluzionario, era un uomo coerente, uno studioso, un filosofo e ha scritto anche delle pagine bellissime perché, dal Candelaio agli Eroici furori, così i suoi eroici furori, eroici, coraggiosi. Fantastici per l’epoca
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Cosa non studiava Giordano Bruno per essere considerato un eretico. Non studiava le cose che avrebbe dovuto studiare, cercava altrove, in un’epoca in cui si esploravano il cielo e le stelle, Bruno oltretutto aveva questa meravigliosa capacità mnemonica, attraverso un dettaglio risaliva fino a Dio. Quando dici bianco dici Dio, può sconvolgere la mente… lui lo spiegava bene, quando dici bianco dici latte, mucca, prato, erba, acqua, nube, cielo, verso Dio, quando dici bianco dici Dio. Per uno che aveva degli strumenti così limitati affermare che dire bianco è dire Dio era peccaminoso, era in realtà meravigliosamente bello. C’è differenza tra il suo modo di pensare e il modo di pensare di chi ha un mondo limitato, pieno di fantasia, che però, attenzione, portava sempre a Dio, che uno poteva credere, chissà, se oggi fosse vivo, sarebbe accanto al Papa quando predica la pace e la tolleranza tra tutte le religioni. Questo papa. E non quello di allora.
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Mah, io non credo che Bruno abbia fatto un peccato… non abbia neanche pensiero di aver potuto peccare, non credeva che la ricerca, lo studio, l’approfondimento fosse un peccato, sono i suoi carcerieri, i suoi inquisitori che pensavano che lui peccasse. Bruno è andato al rogo guardandosi (con la mordacchia, peraltro) per paura; dal loro punto di vista, blaterare, dal punto di vista di Bruno, comunicare. Gli hanno messo inchiodata la lingua e gli hanno impedito di poter pronunciare altre parole perché avevano paura delle sue parole, non delle azioni, delle sue parole. E chi ha paura delle parole compie, lui sì, un peccato! Secondo me, ma poi non vorrei peccare io di presunzione. A me sembra un peccato gravissimo. Mio.
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Di essere coerenti con la loro ignoranza. Quando uno è così convinto di essere nel giusto… io non credo che il potere vada rappresentato in maniera bieca, quei signori credevano che Bruno fosse fuori dalla Chiesa, nel disordine, e quindi… un po’ esasperato, certo, è la libera interpretazione di un film. Certo, c’è un dibattito tra di loro, tra chi… anche lo stesso papa l’ho rappresentato incerto, perché ormai era diventato famoso in Europa, incerto, titubante. All’interno del collegio dei cardinali c’era un dibattito patriota aspro, qualche volta polemico, per cercare, qualcuno, di salvarlo, di evitare il rogo e altri che erano convinti che era un peccatore impenitente, come lui si definisce. Doveva essere eliminato fisicamente. Non credo siano dei bruti, come Giordano cavalcava la sua idea di riforma, loro cavalcavano la loro linea di coerenza e dei dogmi, conoscenza, e quindi uno scontro crudele ma… poi, era tipico dell’Inquisizione dell’epoca, situazioni come quelle di Bruno erano tante. Ed erano atti di intolleranza. Che peraltro non sono ancora finiti. Le guerre di religione, lo leggiamo ogni giorno, portano a delle aberrazioni, dei crimini, che ci turbano, ci offendono, ci stupiscono, però… sono i corsi e i ricorsi storici, è terribile.
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Io non considero mai un film un manifesto, questo mi fa paura, uno fa un film ed è felice quando si accorge che un film non è finito con la parola fine. Sarebbe assolutamente disastroso se un film su Giordano Bruno non avesse creato anche delle discordanze, un dibattito, tant’è vero che siamo qua a parlarne, e sono passati tanti anni dalla realizzazione. Mi capita qualche volta , nelle scuole, nelle Università, di parlarne, perché è una provocazione, una provocazione culturale, posso aver commesso degli errori di valutazione, di penetrazione, ma la mia onestà nel dibattito era molto chiara, era molto mirata. Anzi, ricordo che al cinema, dopo l’ultimo spettacolo, si fermavano fuori dal cinema i capannelli, a discutere, oltre il film, oltre i contenuti del film, cioè attraverso un discorso sulla brutalità dell’intolleranza era già a mio avviso un ottimo successo, può piacere, non può piacere, ma era già un obiettivo. Attualmente non si può parlare di quei film destinati al pubblico commerciale però, col tempo, vive. Se vive vuol dire che vive Bruno. Purtroppo vuol dire che vive anche l’intolleranza. E questo mi addolora.
20.37
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C’era da lavorare attorno al soggetto, un film su un personaggio come Bruno, bisognava capire dove si andava a finire, ma soprattutto dove cominciare, ciò è noto. Abbiamo pensato, con Fabrizio Onori, che fosse…(piccola interruzione) Dove comincia e dove finire ma una storia su un personaggio tormentato e complesso come Bruno… lavorare intorno… mettere i paletti in qualche modo, cioè finì tragicamente, come sappiamo, dove comincia? Dai primi moti da ribelle a Napoli, a San Domenico Maggiore, oppure nel suo peregrinare per l’Europa, ormai in odore di eresia, oppure… Noi abbiamo immaginato, in un film che doveva durare poi un’ora e mezza, il suo arrivo a Venezia, al momento in cui spera, ritornando in Italia, cioè nella Repubblica di Venezia, si possa continuare questo tipo di approccio, cioè a portare il dibattito all’interno del mondo cattolico. Da lì abbiamo cominciato, dalla sua cattura, dalle sue provocazioni, fino al momento in cui arriva a Roma e a Roma trova l’apparato dell’Inquisizione, e quindi questo suo percorso di resistenza alle pressioni ma anche l’orgoglio di uomo di cultura, questo abbiamo scelto. Se si fosse scelta la strada di altri percorsi, in Polonia, in Germania, in Inghilterra, chissà, noi l’abbiamo un po’ visto, un po’ studiato, sarebbe stato certamente altri incontri fantastici.
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Mah, sono i soldati tedeschi che sul cinturone avevano scritto Gott mit uns, cioè Dio con noi… bah, io non credo che Dio stesse con loro, Dio non sta con la violenza. Una bomba intelligente… una bomba non è mai intelligente, quindi è un’appropriazione indebita della parola Gott, di Dio. Il solo fatto che si tratti di una storia… me la raccontò Andrea Barbato, un meraviglioso personaggio, di questa storia che era accaduta veramente, che due ragazzi erano all’ultimo momento, cioè al quinto giorno di pace, si erano liberati dalla divisa tedesca, vengono presi, vengono portati in campo di concentramento, dove una volta i tedeschi mettevano gli ebrei, i deportati, i canadesi misero i tedeschi in quel campo, provvisoriamente. Quando gli ufficiali tedeschi prigionieri si accorgono che dall’altra parte, da parte dei canadesi, vivono due ragazzi borghesi, che avevano tolto la divisa, riescono a processarli, a chiedere ai canadesi di averli nel campo, li processano e li condannano alla fucilazione. Il quinto giorno di pace. Io, quando mi ha raccontato questa storia, che la mamma di uno dei due fucilati, che da anni chiedeva giustizia, chiedeva di capire come era possibile aver compiuto questo delitto, invece scoprimmo che quando questi ufficiali tedeschi, l’ufficiale canadese, in nome della dignità della divisa, bisognava procedere contro coloro che questa divisa l’avevano buttata alle ortiche, ho pensato Questo è un delitto, Non uccidere, forse potevo chiamarlo con il nome del comandamento, comunque Dio non era con loro, questo io lo…
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Ho fatto un film, dal titolo Gott mit uns. Gott mit uns era la frase – Dio è con noi – scritta sul cinturone della divisa dei soldati tedeschi.
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SU “NON DESIDERARE LA ROBA D’ALTRI” e “NON RUBARE”

29.13
Mah, in alcuni film che ho fatto ho raccontato che non si deve rubare. Non si deve prendere la roba d’altri, a me pare persino di ridere quando lo dico perché mi pare così ovvio che mi chiedo perfino che bisogno c’è di raccontarlo in un film. Sono talmente tanti che si prendono la roba d’altri che forse vale la pena di raccontarlo. Allora io ho fatto anche delle esperienze in America, ho conosciuto anche la mafia americana, San Francisco, New York… lì non è solo desiderare la roba d’altri, è prenderla proprio, insomma. E trovi dei personaggi che hanno una logica così aberrante che ti stupisce, io prendo quello che voglio prendere, perché così vuole la nostra filosofia, la nostra mentalità. Rubare. Mi pare che ogni giorno sul giornale Non uccidere, Non rubare ne leggiamo… chi è che… avvilisce, chi è che umilia questi comandamenti siano veramente troppi e tanti. Bisognerebbe gridarlo più forte. In questi tempi noi, nei nostri paesi abbiamo vissuto catastrofi economiche che avevano come principio, che avrebbero dovuto avere nel loro statuto societario la prima parola è Non rubare. Lo hanno fatto, hanno messo in ginocchio famiglie, hanno messo in ginocchio imprese, che erano le imprese che orbitavano intorno come indotto, hanno rubato. Hanno rubato, non hanno solo scippato, hanno tradito – e questo è ancora più grave – hanno tradito la buona fede della gente, io aggiungerei un comandamento in più, Non rubare, ma se rubi tradendo la buona fede della gente hai commesso un… diciamo un comma, un comma su quel comandamento. Chi ruba tradendo la fiducia è ladro due volte. Va due volte all’inferno.
32.05
32.36
Mah, il film che voglia fotografare come siamo, come non dovremmo essere, chiaramente racconta vicende che ci sbalordiscono tutti i giorni con l’informazione; viviamo in una società in cui la proposta di facili consumi, di ricchezza, io non credo che faccia l’arricchimento, o chi vinca al Totocalcio o si frega qualcosa, perché chi lavora onestamente, non è che si diventa ricchi da un giorno all’altro. Direi che accumulare fortune alle spalle di qualcun altro, può essere un furto, può essere anche una circonvenzione di un povero ingenuo, non dico un incapace ma insomma… Comunque anche l’ingenuo, forse, si è fatto fregare pensando di diventare ricco. Tra questi due ben venga la sciagura per entrambi, chi la guadagna e chi la perderà, ma se si turlupina una povera vecchietta che se ne sta in casa con la pensione, per cui si va in casa per chiedere di investire sul…, insomma praticamente le si ruba il denaro. Lo vediamo continuamente, sfogliando giornali di ieri, di oggi, di domani, episodi che ci fanno riflettere, in una società in cui avere è più importante che essere, cercare di fregare è quasi diventato un modo di vivere. Per molti. Per troppi. E quindi se il cinema documenta o invita a riflettere su questo tipo di queste nostre generazioni, fa bene il suo mestiere di provocazione, io ho fatto un film giocato dove si racconta di un signore che … il colpo… è uno che porta il denaro, poi si sente più tranquillo con la pistola, poi questa pistola comincia ad accorgersi che è agile nel maneggiarla, e questa pistola diventa un’arma, si sente come un prolungamento della forza e della virilità, diventa uno che uccide. E tutto questo poi lo trovi nella cronaca, non è che un’invenzione, uno dice come gli è venuta l’idea, leggendo il giornale tranquillamente, con l’istinto , in un momento di rabbia, avendo a portata di mano un oggetto che uccide… se io mi arrabbio posso alzare la voce e cerco di fare anche quello il meno possibile, prima di sparargli o cercare di capire perché uno è stato così violento nei suoi confronti. È dura ma però non è che si può uccidere. Non uccidere, Non rubare e quant’altro raccomanda quel signore col triangolo che alcune cose ce l’ha dette.
36.21
36.42
Ma io insieme allo sceneggiatore Lucio Battistrada, anzi è lui che mi ha dato l’idea, il Boom, gli anni in cui ognuno sognava di avere una fabbrichetta lungo l’autostrada del sole con il suo nome, gli anni del Boom hanno significato l’abbandono delle terre, delle altre attività, nel tentativo di vivere una nuova dimensione, la dimensione della ricchezza. Vedo un uomo che non riesce a capire le sue difficoltà, trova delle difficoltà, ma ha una tenacia, tanto che il film si chiama appunto Una bella grinta! Ha una grande forza di volontà, va dal vecchio padre, che è ancora contadino, si fa dare la sua parte, la investe, poi sta per avere una grande crisi, scopre che sua moglie lo tradisce, curiosamente, mostruosamente riesce a fare un delitto perfetto, ad uccidere un giovane studente che la moglie, un po’ trascurata da lui ci stava flirtando, un delitto perfetto e direi che lì trova ancora più forza, la grinta per realizzarsi. Un neocapitalismo che nasce con un cadavere sotto il letto, senza cultura, senza avere in evidenza basi economiche. L’avventura trista di un capitalismo sbagliato, scoordinato, assolutamente che cercava l’occasione soltanto con una bella grinta.
38.53
40.20
Ma credo… una ventina di giorni fa è venuta una giornalista di una major, di una televisione americana, a farmi una domanda veramente imbarazzante, all’inizio ero un po’ smarrito, mi ha chiesto Come mai voi europei, voi italiani, non amate più gli Stati uniti d’America? Io ho subito distinto, ho detto Non è vero, io amo gli Stati Uniti d’America, non amo il governo degli Stati Uniti. È molto diverso. Come mi pare, nelle ultime elezioni, prima dell’avvento Bush, il 50% circa degli americani non avessero votato in modo diverso. È una brutta e pericolosa strada, questa, come si fa a non amare gli Stati Uniti, che è un cocktail di tutti i colori… in realtà non amo il neoimperialismo americano, in quest’ultima società di frontiera si inventano delle armi di distruzione di massa che poi non trovano, prima va l’ONU a disarmare un Paese, poi arriva un esercito, e poi arriva un signore su una portaerei americana, scende come in un film, di Rambo, vestito da pilota, dichiara che la guerra è finita. E ha creato qualche cosa che forse corre il rischio di non finire, come invece ha detto. Come una sensazione, che molti paesi colonialisti, come questo, non capiscano dove vanno. I sunniti, gli sciiti, le differenze religiose, la cultura, il rispetto delle culture, non si può vincere con le armi, si vince con la tolleranza, si vince facendo esercitare rapidamente al paese il proprio ruolo. Io credo che non basta essere presenti, bisogna vedere come sei presente, che tipo di rapporto, nel rispetto di quelle culture. Quello che ho visto, che abbiamo visto in Afghanistan , in Iraq, ma poi lo abbiamo visto prima, nell’Est asiatico, non ci conforta. D’altra parte le guerre vanno chiamate per quello che sono, se è una guerra del petrolio la chiamiamo così e basta. Certo, non bisogna neanche nascondere la consapevolezza che si tratta di un criminale, colui che guida in maniera terroristica il Paese. Io credo che sia liberato il popolo, comunque io credo che, liberato da quel tiranno, io credo che si dovrebbe lasciar, per il rispetto di nuovo degli Stati uniti d’America, del quale siamo amici, credo che ci vorrebbe maggior rispetto della cultura degli altri. Non basta vincere. Non basta vincere.
44.28

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