#internetday 2017: uomini, robot, tasse

La ricorrenza del 30 aprile, anniversario della prima connessione a internet nel nostro Paese, è stata quest’anno celebrata con un evento tenutosi al MAXXI di Roma. Il dibattito, organizzato da Agi con il patrocinio di Confindustria Digitale, moderato dal direttore dell’agenzia Riccardo Luna, ha visto la partecipazione del ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, del presidente della Casaleggio Associati Davide Casaleggio, del presidente di Confindustria Digitale Elio Catania e ha preso le mosse dai risultati della ricerca ‘Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale’, realizzata dal Censis.
Giorgio De Rita, segretario dell’istituto di ricerca fondato nel ’64, ha introdotto l’argomento con queste parole:Il Paese è diviso in due, tra chi accoglie l’innovazione e chi invece ne ha paura (…) Spaventa il tema dell’occupazione e la tutela personale. La tecnologia corre ma la società ha ritmi diversi di adattamento”. Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) gli ha fatto eco: “Oggi la tecnologia cresce in maniera esponenziale. Ci costringe a cambiamenti sempre nuovi e spesso non siamo preparati. Le macchine, come tutte le tecnologie, possono comportare problemi. È importante entrare nell’ottica della formazione continua per affrontare i cambiamenti che porteranno le nuove tecnologie. Dobbiamo capire che la tecnologia in sé non è un pericolo. Ma può diventarlo. Per anticipare i rischi che potrebbe comportare è bene parlare da subito, studiare oggi le conseguenze etiche del loro utilizzo e del loro comportamento”.

Il ministro Calenda ha ricordato che “Il tasso di cambiamento deve essere accettabile per le persone. Questi fenomeni non vanno interpretati in modo ideologico né in un senso né nell’altro: bisogna studiarli, governandoli, e bisogna spiegarli ai cittadini come sono, non come vorremmo che fossero”. Il divario “profondo” “è quello della conoscenza e la chiave per capire i fenomeni tecnologici è molto umanistica. Bisogna riportare la conoscenza umanistica al centro, è un lavoro fondamentale”. Il responsabile del dicastero dello Sviluppo economico ha concluso: “Una cosa da evitare, lo dico in modo brutale è di fare casino. Il problema dell’innovazione in Italia è mettere in campo un complesso d’iniziative. Io ne faccio un piccolo pezzo”.
Davide Casaleggio, focalizzando sugli investimenti, si è cosí espresso: “La Francia ha investito tre volte di piú rispetto a quello che in Italia è stato investito nel 2016. Non possiamo permetterci questo gap: se le società italiane ricevono dai 500 mila fino ai cinque milioni di euro per il loro potenziamento come fanno a competere con le altre società che vengono finanziate con oltre 300 milioni di euro? Se non intercettiamo questo trend non andremo a competere con l’innovazione ma probabilmente con i salari cinesi”. Quanto alla piattaforma Rousseau, essa “ha permesso alle persone di mettersi insieme e di creare un’intelligenza collettiva”.
Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, ha commentato: “L’Italia è stata il primo Paese ad approvare una norma per far pagare imposte indirette ed eque alle multinazionali del web, cosí come fanno tutte le imprese italiane ogni giorno, a partire da Casaleggio che è qui presente, fino alle multinazionali storiche come la Coca Cola, costrette ad avere 27 partite Iva fino a quando non avremo il coraggio di costruire un bilancio europeo con il fisco comune, cosí come paga le imposte qualsiasi contribuente italiano. Anzi, se le multinazionali del web pagassero tutte le imposte che eludono come Amazon, Airbnb, Uber, Apple e tante altre, anziché aspettare l’intervento della Procura di Milano o della Gdf, potremmo abbassare le imposte sul lavoro a tutti”.
Confindustria (Digitale) in fundo, il presidente Elio Catania ha concluso: “L’Italia è in ritardo sul fronte dell’innovazione ma negli ultimi dodici mesi c’è stato un cambio di passo, coinciso con l’introduzione del piano Industria 4.0”; parte delle responsabilità è da imputare alla classe dirigente del Paese, che “non ha capito cosa internet stava portando all’economia. (…) Quando si parla di web tax lo ritengo antistorico e controproducente. Fare una fuga in avanti come Italia in questo momento vuol dire spararci sui piedi. È un tema che ha una valenza internazionale: appoggiamoci all’Ocse, lavoriamo insieme per un tema centrale per la competitività e che abbia una visione unica”.
Al convegno erano presenti anche Paola Bonomo, consigliere indipendente advisor e business angel, Pier Luigi Dal Pino, direttore centrale Microsoft Italia, Marco Gay, presidente Giovani imprenditori di Confindustria, Maximo Ibarra, CEO Windtre, Massimo Mazzocchini, country manager Nokia Italia, Francesco Stronati, vice president IBM Italia, Angelo Perrino, direttore di Affaritaliani, Claudio Roveda, direttore generale Fondazione Cotec, Stefano Trumpy, presidente Internet Society Italiana, molti altri professionisti. Secondo la Bonomo, “L’Italia soffre ancora di un gap antico tra cultura umanistica e scientifica. Investiamo poco in ricerca e sviluppo e questo crea un circolo vizioso perché meno ricerca vuol dire oggi frenare lo sviluppo e la crescita del Paese. Penso che l’Italia non dovrebbe essere soltanto un consumatore di tecnologia, ma diventare un produttore. Per farlo serve capire che la tassazione finora è stata legata al territorio. Si tassano i redditi e i consumi di un determinato territorio nazionale. Abbiamo cercato di applicare poi questi criteri anche alle cose che non riguardano il territorio, come internet. Ma bisogna capire che il capitale e il lavoro saranno sempre piú mobili. E tassarli rischia di diventare un flop. Dobbiamo tassare cose che non si muovono, come la prima casa, le successioni. Di qui si possono prendere i soldi per finanziare la ricerca e lo sviluppo”.

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