il Boccaccio dei Taviani

I fratelli Paolo e Vittorio Taviani si accingono a girare ‘Maraviglioso Boccaccio‘, film dedicato a un autore che tutti abbiamo amato per le pagine del Decamerone e altre piacevoli performance. I due registi hanno già fatto un sopralluogo a Certaldo (Firenze), dove la terza corona della nostra letteratura ebbe infatti i natali e passò anche a miglior vita, insieme alla scenografa Emita Frigato, accompagnata da alcuni funzionari del Comune e dall’assessore alla Cultura (pare che gran parte delle riprese avranno luogo, comunque, in una villa vicino  Firenze).

Dalle premesse, sembra che i Taviani Bros. vogliano trasporre alcune novelle del citato Decameron, come normale per un’opera cinematografica; dopo Giacomo Leopardi, l’Italia vedrà un altro suo classico rivivere in sala.

Quali novelle, però, saranno trasposte sullo schermo? Chichibio e la gru? Andreuccio da Perugia? ser Ciappelletto? Lisabetta da Messina?

Al momento i Taviani sembrano volerne raccontare cinque; sembra sicuro Calandrino, che sarebbe interpretato da Kim Rossi Stuart (che interpreterà anche ‘il Commissario Maltese’ in tv). Nel cast anche Lello Arena, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Michele Riondino, Vittoria Puccini, Flavio Parenti, Jasmine Trinca, Josafath Vagni, Fabrizio Falco, Eugenia Costantini, Miriam Dalmazio, Melissa Bartolini, Camilla Diana, Niccolò Diana, Beatrice Fedi, Ilaria Giachi, Barbara Giordano, Rosabell Laurenti Sellers.

Mi è gradito cogliere l’occasione, peraltro, per ricordare un dato troppo spesso trascurato, il fatto che Boccaccio conobbe il greco grazie a un frate calabrese, tale Leonzio Pilato.

Era, Leonzio, un monaco originario di Piana Calabra, amena località nelle vicinanze di Reggio Calabria; amava, nondimeno, definirsi “tessalo come il grande Achille”, forse per affettare piú nobili origini. Fu discepolo di un altro frate calabrese, Barlaam di Seminara, che gli insegnò la lingua e la cultura greca, oltre alle cose che un frate deve normalmente conoscere.

Era un po’ un giramondo, ‘sto Leonzio e a Napoli fu ospite di re Roberto d’Angiò, alla cui corte conobbe proprio quel Giovanni Boccaccio cui è dedicato quest’articolo, che fu “il suo discepolo piú amato”. A Padova, invece, conobbe Francesco Petrarca, che cercava qualcuno che gli traducesse le opere di Omero, l’Iliade e l’Odissea (e Boccaccio dovette fermarlo a Venezia, impedirgli di trasferirsi ad Avignone e portarselo a Firenze, procurandogli anche una cattedra di greco).

Pare che le sue traduzioni fossero un po’ rudi ma estremamente fedeli, tanto da costituire un modello; Boccaccio lo descrisse come un “archivium inexhaustum” di informazioni sulla cultura e mitologia greca.

Nel Quattrocento, un umanista milanese, Pier Candido Decembrio, scrisse che Petrarca era morto proprio leggendo l’Odissea tradotta da Leonzio Pilato. Tradusse, Leonzio, anche brani da Euripide e Aristotele.

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